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Il culto dei santi

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I santi sono quella parte di Chiesa che hanno già raggiunto gloriosamente la meta della loro corsa nella fede. Sono i nostri fratelli maggiori che ci invitano a seguirli sulla via giusta incontro a Cristo. Essi godono dell'intimità divina, ora, in modo pieno, quella stessa intimità che prima, nello "stato di via", hanno cercato ed hanno indicato ai fratelli.

Questa grande porzione di Chiesa è per noi fonte di speranza e di fiducia in quanto la "comunione dei santi" in cui tutti noi viviamo ci dona la grazia della loro amicizia e della loro intercessione. E' l'attrazione del bene e della grazia che dal Paradiso attrae tutta la storia, nonostante il peccato e l'inimicizia. Pregare con il Paradiso, lasciandoci guidare da questi grandi amici, è una grazia a cui non dobbiamo rinunciare. Il culto dei santi ha infatti questo scopo, quello di usufruire delal grazia che deriva alla Chiesa dai loro meriti e quella di apprendere da loro la via sucra per raggiungere il fine della nostra vita cristiana: la realizzazione del nostro essere figli di Dio.

Dietro al culto dei santi ci può essere un equivoco e quindi la possibilità di incorrere in qualche eccesso. Il pericolo è quello di separe il santo da Colui che lo fa santo, cioè di sottolineare eccessivamente la sua personale santità e i sui personali meriti a discapito della santità di Dio che rende tale il santo. Tutto ciò che egli vive è dono del Signore che ci rende santi con la sua grazia, ogni beato è un capolavoro della grazia di Dio che trasforma e potenzia la nostra umanità ad immagine di quella di Cristo.

Il culto dei santi non deve mai essere disgiunto da un profondo e autentico culto a Cristo. La venerazione che si deve per loro non deve essere confusa con l'adorazione dovuta solo a Dio. Nello sesso tempo non bisogna però cadere nell'eccesso opposto, ovvero quello di dimenticarsi dell'esistenza di questi grandi amici che dal cielo sono per noi intercessori potenti di quella stessa grazia che li ha resi beati e che può rendere anche noi santi ad immagine del Santo nostro Salvatore.

Nel prefaio noi ricordiamo questa intercessione: "Insieme agli angeli e ai santi". E' il momento in cui la liturgia della terra si unisce a quella del cielo per adorare l'unico Dio e Signore, è il momento solenne della proclamazione della santità di Dio che rende santa la sua Chiesa.

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Testimoni e profeti

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Come ogni anno la Chiesa celebra la Giornata Missionaria Mondiale la penultima domenica di ottobre, quest'anno il 24 ottobre, e lo slogan ideato per questo anno ideato dalla Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie è "Testimoni e profeti".

I tempi dei primi apostoli non erano facili per comunicare la fede – a causa della violenza dell'Impero romano che scatenò varie persecuzioni contro i cristiani – ma l'amicizia con Gesù non poteva che lasciare «un'impronta indelebile, capace di suscitare stupore e una gioia espansiva e gratuita che non si può contenere». Anche oggi i cristiani, nonostante il periodo difficile, devono diffondere la parola di Gesù che è «parola di speranza che rompe ogni determinismo e, a coloro che si lasciano toccare, dona la libertà e l'audacia necessarie per alzarsi in piedi». Lo afferma Papa Francesco nel messaggio per la 95ª Giornata Missionaria mondiale sul tema «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (Atti 4,20).

«In questo tempo di pandemia, davanti alla tentazione di mascherare e giustificare l'indifferenza e l'apatia in nome del sano distanziamento sociale, è urgente la missione della compassione capace di fare della necessaria distanza un luogo di incontro, di cura e di promozione». Un invito rivolto a tutti, il suo, perché «la nostra vita di fede si indebolisce, perde profezia e capacità di stupore e gratitudine nell'isolamento personale o chiudendosi in piccoli gruppi; per sua stessa dinamica esige una crescente apertura capace di raggiungere e abbracciare tutti. I primi cristiani, lungi dal cedere alla tentazione di chiudersi in un'élite, furono attratti dal Signore e dalla vita nuova che egli offriva ad andare tra le genti e testimoniare quello che avevano visto e ascoltato: il Regno di Dio è vicino».

Un ricordo speciale per i missionari, che hanno lasciato tutto per la missione. Conclude Bergoglio: «Oggi Gesù ha bisogno di cuori capaci di vivere la vocazione come vera storia d'amore, che li faccia andare alle periferie del mondo e diventare messaggeri e strumenti di compassione. È una chiamata che rivolge a tutti, seppure non nello stesso modo. Ricordiamo che ci sono periferie che si trovano vicino a noi, nel centro di una città o nella propria famiglia. C'è anche un aspetto dell'apertura universale dell'amore che non è geografico bensì esistenziale. Sempre, ma specialmente in tempi di pandemia, è importante aumentare la capacità quotidiana di allargare la nostra cerchia, di arrivare a quelli che spontaneamente non li sentiremmo parte del "mio mondo", benché siano vicino a noi».

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Omelia del Vescovo per l'apertura diocesana del cammino sinodale

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Domenica 17 ottobre 2021 - XXIX del tempo ordinario

Un ringraziamento a tutti voi per essere riusciti a trovare le opportunità e il tempo e rispondere così all'appello del Santo Padre di ritrovarci questa sera in assemblea eucaristica per dare inizio al percorso sinodale diocesano invocando lo Spirito Santo, “primo dono ai credenti”.

Un ringraziamento ai parroci, ai presbiteri, ai diaconi e a voi, operatori sinodali designati in rappresentanza delle vostre comunità; un ringraziamento all'Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, che permette, a chi ha deciso di farlo, di seguirci da casa.

Il Vangelo proclamato questa sera (Mc 10, 35-45), ci presenta una di quelle incomprensioni, non infrequenti, tra Gesù e i suoi discepoli. Una incomprensione che si ripresenta tutte le volte in cui il Maestro parla della Croce. La meta qualifica un gruppo in cammino, e Gesù si guarda bene di non ingannare “i suoi”, chiarisce costantemente l’orizzonte di una destinazione inedita: la croce. Quando Gesù realizza i grandi segni, miracoli e prodigi, c'è sempre un'accoglienza incondizionata, un'esultanza tanto che “cresceva il numero di coloro che ascoltavano la parola”. Ma quando Gesù parla della Croce subentra sempre un senso di inquietudine: il figlio dell’umo deve molto soffrire, essere condannato a morte …. e Pietro con veemenza reagisce al triste destino che attende Gesù a Gerusalemme, «Signore, questo non ti deve accadere mai!». E Gesù pronuncerà per lui quella parola durissima, respingendolo: «Non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini».

Anche in quella memorabile e ultima notte con i discepoli, «nella quale fu tradito», mentre sta per compiere il più alto gesto di oblatività e di sacrifico con l’istituzione dell’Eucaristia, i discepoli sono suggestionati dal potere e dalla carriera: «Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande» (Lc 23,24). Così si corre il rischio di vanificare il dono, l'offerta di sé, con una tensione autoreferenziale e narcisistica. Due ambigui dinamismi che distruggono la comunità e conducono fuori dalla logica del Vangelo.

Questa sera abbiamo ascoltato che Gesù quasi è costretto a rispondere, all'ambizione forse ingenua e comunque puerile, di questi due fratelli impetuosi, tempestivi nelle aspettative, li chiamavano boanérghes (figli del tuono), vogliono un posto di predilezione affettiva ed amicale con il Maestro: la destra e la sinistra. La risposta di Gesù certamente calma le tensioni che insorgono negli altri discepoli, e tuttavia coglie l’opportunità per una ulteriore chiarificazione sulla vocazione di ogni discepolo: la fedeltà al Maestro e alla sua parola non si misura dalle vicinanze o distanze geografiche, calcoli materiali e inutili, non sono i risultati, le mete raggiunte, i bilanci in attivo, i successi e la brillantezza dei discorsi, ma tutto è una vicenda di cuore, di profondità, di interiorità. Non basta sedere a destra e a sinistra quando poi il cuore è lontano. Nella parabola del padre misericordioso, raccontata dall’evangelista Luca; l’esultanza del padre, per rivedere il figlio di nuovo in casa, è turbata dall’esplicita ostilità del figlio maggiore che in realtà è sempre stato, teoricamente vicino al padre, in realtà è uno con un cuore lontano. Anche il figlio maggiore, materialmente presente accanto al padre, non riesce a coinvolgere il cuore. È una presenza senza passione, senza gioia, tanto che di fronte alla misericordia del padre avrà un moto di ribellione, di rifiuto, resterà fuori.

La collocazione geografica, i nostri posti, le nostre disposizioni, sono relativi a una decisione interiore di fedeltà, di sequela e di primato, quello di Dio. Papa Francesco ricorda «il cammino cristiano non è una rincorsa al successo, ma comincia con un passo indietro, con un decentramento liberatorio, con il togliersi dal centro della vita».

In questi mesi abbiamo condiviso i messaggi, le catechesi, i convegni, sulla natura e sul percorso che ogni Chiesa particolare deve avviare con il Sinodo. Pertanto, un’ulteriore ripetizione potrebbe apparire persino ridondante, invasiva. Papa Francesco ci ha offerto recentemente nell’Omelia per l’apertura del Sinodo dei Vescovi le tre parole che ci devono accompagnare: partecipazione, comunione e missione. Vorrei, invece, sottolineare appena tre dimensioni di questo cammino che potrebbero aiutarci in questa fase di percorso sinodale.

Questo è il tempo dello Spirito. È il tempo dell'interiorità, è il tempo della profondità. Della riscoperta delle motivazioni profonde e delle alleanze decisive e matura. Quello che noi dobbiamo operare è un percorso di conversione pastorale, ma la conversione pastorale rinvia a una conversione ben più profonda che è la conversione personale. Guai a ridurre questo percorso sinodale a un insieme di scadenze, rappresentanze, organizzazioni. Il cammino sinodale non è cosa di uomini, ma è una faccenda dello Spirito. Ecco perché la vita nello spirito, la spiritualità, è il primo appello che risuona per ciascuno di noi in questo cammino. Questo appello sinodale ci ripropone la rimotivazione di scelte, di operazioni, di indicazioni che vanno ben al di là dell'accoglienza emotiva ed occasionale, di un dialogo formale e superficiale. La spiritualità ci mette in una valutazione globale dei nostri limiti, ma anche del riconoscimento delle nostre opportunità e delle nostre risorse. Innanzitutto, ci apre al salutare discernimento del bene possibile da realizzare qui ed ora!

La seconda dimensione: questo è il tempo di vivere il mistero della Chiesa. Sì, questo è il tempo di Chiesa. È tempo di ricomprendere l'identità, il mistero di comunione della Chiesa, essa «cammina insieme, percorre le strade della vita con la fiaccola del Vangelo accesa. La Chiesa non è una fortezza, non è un potentato, un castello situato in alto che guarda il mondo con distanza e sufficienza … il centro della Chiesa? Non è la Chiesa!» (Papa Francesco). Soprattutto il Papa vuole che la Chiesa riscopra la grande dimensione dell'ascolto. Di chi? Innanzitutto, di Dio! Della parola di Dio, che va ricollocata nella comunità come fonte ispirativa dei nostri giudizi, delle nostre scelte, dei nostri progetti. A nulla servirebbero i nostri ascolti vicendevoli se non riconducono e partono costantemente dalla condivisione sulla parola di Dio. L'ascolto per un cristiano coincide sempre con l'ascolto di Dio e della sua parola dal quale trova spunto e motivazione anche l'ascolto vicendevole, per non ridurre la Chiesa, le aggregazioni, le associazioni, come un consultorio o un’associazione culturale. L'ascolto irrobustisce anche la nostra obbedienza a Dio che parla.

Infine, la terza dimensione: la pazienza. Questo è il tempo della pazienza. «Non è di moda parlare di pazienza. Viviamo in tempi di impazienza. Il nostro stile di vita è diventato frenetico. Vogliamo essere sempre al corrente… »1 . Talvolta noi percepiamo la pazienza come una mera e ineluttabile rassegnazione ai fatti che ci capitano intorno, non è inoperosità né rassegnazione. Il senso biblico della pazienza (macrotymia), coincide con un termine che noi non usiamo frequentemente: la pazienza è lungimiranza. Ecco perché la pazienza è la porta della speranza. Il teologo della speranza, sopra citato, continua: «Senza pazienza la speranza diventa superficiale e si dilegua rapidamente all’apparire dei primi ostacoli. Nella speranza incominciamo qualcosa di nuovo, ma solamente con la pazienza lo manteniamo: solo perseverando nella pazienza la speranza diventa sostenibile. La pazienza è una virtù che impariamo nella speranza. D’altra parte, la pazienza cade nella passività quando si perde la speranza»2.

Questo tempo di lungimiranza ci mette nell'attesa feconda di rispettare la lentezza degli altri. Questa pazienza biblica ci mette anche nella responsabilità di educarci all’attesa come laboriosità nell’ascolto e non inutile vacuità. Senza essere frettolosi nei giudizi, impietosi nelle valutazioni e rigidi indicatori di fredde pratiche. Questa pazienza fa spazio all'azione di Dio, autore e perfezionatore di tutti i doni. Così, con queste tre dimensioni, possiamo davvero riuscire a non contristare lo Spirito che vive dentro di noi, nelle nostre comunità e nella nostra Chiesa.

Il cammino sinodale si snoderà secondo le indicazioni e le modalità che la Segreteria Generale del Sinodo ci offre e che la CEI ci trasmette. Cammineremo con gioia verso il Giubileo del 2025. Noi siamo certi e siamo anche sicuri che non sarà un cammino infruttuoso, ma siamo anche consapevoli che in questa copiosa seminagione non tutto fiorirà. Non tutto riuscirà a prendere quella necessaria consistenza, ma ci rimettiamo nelle mani di Dio; perché se attraverso il Magistero del Papa, Dio ci indica questa sfida, questa stagione, siamo disposti a metterci in questo ascolto vicendevole con i giovani, forse troppo lontani dai nostri orizzonti comunicativi e che tuttavia si aspettano una significativa attenzione da parte di noi pastori, ma soprattutto da parte di tutte le comunità. In ascolto della famiglia, sul problema della vita, dei poveri, il disagio della mancata partecipazione alla vita civile, la crisi socio-ambientale-sanitaria, e in questi meandri di realtà siamo chiamati a pronunciare una parola di fiducia, di speranza, di profezia e soprattutto con la gioia di invocare lo Spirito Santo, certi che se lui arriva qualche cosa è costretta ad andar via. Se arriva lo Spirito va via il pessimismo, l'egoismo, l'indifferenza, le chiacchiere inutili e crescerà quel mistero grande che è la comunione, al quale la chiesa risponde per volontà del suo fondatore.

La Beata Vergine Maria, Madre e Regina della Chiesa, ci accompagni, ci sostenga e ci benedica sempre.

Sia lodato Gesù Cristo.

+ p. Antonio De Luca

 

1 Jurgen Moltmann, Pazienza, misericordia e solidarietà, Queriniana.
2 Ibid.

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Erano assidui nella comunione. La "forma" della sinodalità. Orientamenti pastorali 2021-2022

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"Erano assidui nella comunione". La "forma" della sinodalità: questo il titolo degli Orientamenti per l’anno pastorale 2021-2022, che il nostro Vescovo Padre Antonio De Luca consegna a tutta la Comunità diocesana. Orientamenti di grande respiro sinodale per sollecitare e accompagnare il percorso sinodale diocesano.

È tempo di Sinodalità! Papa Francesco, dopo il tempo infausto della pandemia, aprirà il prossimo 10 ottobre in San Pietro il sinodo della Chiesa universale ed anche noi come popolo di Dio che vive in Teggiano-Policastro, in comunione con tutte le Chiese del mondo, ci rimetteremo in cammino, pastori e fedeli, uomini e donne, piccoli e grandi, celebrando il prossimo 17 ottobre, nella Chiesa di San Martino in Teggiano, la lode e la gloria della Santissima Trinità.

Il percorso sinodale già annunciato da Papa Francesco durante il discorso tenuto in occasione del 50° anniversario del Sinodo dei Vescovi (17.10.2015) porta con sé la profezia e la lungimiranza del Concilio e si apre al dono attuale dello Spirito: La sinodalità è il cammino che Dio si attende dalla Chiesa del terzo millennio. La proposta di Papa Bergoglio prende avvio dalla consapevolezza di essere tutti discepoli missionari (EG 119) e vuole valorizzare il sensus fidelium del popolo di Dio, che si manifesta in molteplici ambiti della vita ecclesiale. Ascoltare il sentimento dell’universitas fidelium, illuminare le parole umane con la forza del Verbo di Dio, celebrare la Carità del Padre e testimoniare, tra le gioie e i dolori del mondo, la presenza del Risorto è la sinodalità! Ma occorre rivedere con coraggio consuetudini e strutture che non corrispondono più alle necessità attuali. Occorre – fuori da ogni moda del momento – attualizzare le forme di partecipazione del popolo di Dio alla vita della Chiesa e non solo ad alcuni ambiti della catechesi o della liturgia. Al tempo stesso per superare la continua e pleonastica constatazione dei difetti personali ed ecclesiali, portatrice solo di accidia e rassegnazione, occorre fare appello alla conversione, alla riforma e alla partecipazione di tutti alla missione evangelizzatrice della Chiesa. È la consapevolezza di essere amati dal Padre, partecipi della redenzione del Cristo e di aver ricevuto nel Battesimo la caparra dello Spirito a ridestare in noi la Speranza della santità, dono indefettibile della Trinità e sentire Dio che cammina con noi.

La nostra Chiesa diocesana ha vissuto nell’ultimo decennio (2012-2021) un intenso percorso di formazione alla scuola del Vangelo. Il nostro Vescovo Antonio nei precedenti orientamenti pastorali ha tracciato sempre l’esigenza della vicinanza alle fragilità dei fratelli, l’annuncio e la testimonianza operosa della Carità, la comunione nella parrocchia e tra le parrocchie, nella forania e tra le foranie, per essere Chiesa in uscita missionaria. Così nella visita pastorale, già celebrata nel territorio degli Alburni, del Fasanella e di Polla, il Vescovo ha evidenziato con gioia la Grazia di Dio che non si è lasciata imprigionare dall’isolamento e dal pessimismo. Ogni comunità secondo le proprie attitudini e capacità ha compiuto e testimoniato la forza del Vangelo e le esigenze della Carità.

Ecco perché dall’esperienza teologale che è stata la prima azione evangelizzatrice della nostra Chiesa, consapevoli che senza Vangelo e disponibilità alla formazione non ci può essere missione, occorrerà tendere in questo primo anno all’ascolto, “forma” della sinodalità! L’itinerario si svilupperà nel triennio 2021-2024 scoprendo le dimensioni del dialogo e della preghiera. La sinodalità è un’esigenza iscritta nella storia della salvezza del popolo di Dio: è Dio che educa e cammina con il suo popolo; è Gesù che chiama e cammina con i discepoli e sono i discepoli, sostenuti dallo Spirito, a camminare insieme all’umanità. La sinodalità della Chiesa è promessa e via per il Regno! È il progetto del Concilio che si rinnova nel terzo millennio: sentire e vivere la missione come dono della koinonia trinitaria, come unica fonte di carità verso il mondo.

Se nelle crisi della storia il popolo ha cercato e trovato la Presenza di Dio e ne ha celebrato la misericordia e il perdono, ancora oggi lo stesso Popolo, immerso nella globalizzazione, dopo questa crisi che non è solo sanitaria ed economica, cerca la Sua Presenza. La Chiesa è il luogo privilegiato, anche se non esclusivo, dove questa Presenza si manifesta come medicina nel dolore, sollievo nella solitudine, libertà nelle prove, comunione nella diversità, promessa nella Speranza del Regno. I linguaggi mutano e diventano resilienza, generatività, prossimità, inclusione, ma l’azione che si racconta è sempre quella del Vangelo! Come Chiesa siamo consci dell’opera fatta da Dio in questo kairòs e siamo chiamati a metterci in ascolto di ciò che lo Spirito vuole dire alle Chiese e alla nostra Chiesa diocesana per il futuro: è la Pentecoste delle Chiese!

Se ogni opera sinodale nasce dalla comunione trinitaria e conduce alla pienezza dell’Amore, anche l’esperienza di popolo eletto, consacrato e inviato deve essere forma visibile della comunione trinitaria. Ecco perché è imprescindibile la comunione teologica con il Vescovo, principio visibile dell’unità della portio populi Dei, e con il Presbiterio, fratelli in Cristo e figli di questa Madre Chiesa, per essere pastori di Comunità per scoprire la riviviscenza del sensus fidelium, la fede della nostra Chiesa nel servizio al mondo. In altre parole, vivere senza balaustre mentali quella straordinaria esperienza di popolo che ascolta, celebra e testimonia la comunione trinitaria è il cammino sinodale. L’icona biblica “Erano assidui nella comunione” (Atti 2, 42) testimonia già nella comunità apostolica questo anelito, forma esemplare ed ideale di ogni percorso ecclesiologico. Alla testimonianza neotestamentaria ricorreremo per vivere la sinodalità in ascolto del Verbo di Dio e delle esigenze dei fratelli, mediante la riflessione e le indicazioni operative contenute nei diversi capitoli degli orientamenti. Il percorso che il nostro Vescovo ci indica è affascinante perché trasmette la sua umanità, aperta al mondo e al cambiamento, la sua visione ecclesiologica mediterranea, aperta all’inclusione degli altri mediante la carità e testimonia il servizio apostolico al popolo di Dio che ascolta, serve e guida da più di un decennio, nella costante fiducia dell’opera dello Spirito: "Non può esistere una Chiesa missionaria, che non sia una comunità in cammino con tutte le sue componenti e compagini. Non può esisteste una Chiesa del servizio, che non sia una comunità ministeriale in grado di rendere il rito vita e la vita il rito della gloria di Dio nei rapporti umani. Non può esistere una Chiesa di poveri senza una logica della sequela, che abbandoni strutture di possesso e di autoreferenzialità. Non può esistere una Chiesa di popolo se non eliminando qualsiasi scorie di clericalismo sia dai ministri ordinati, ma dai laici bisognosi di adeguata formazione. Non può esiste una Chiesa evangelizzatrice se non vivendo dal di dentro la scoperta sempre verde del dono del kerygma trinitario di vita e di amore" (p. 13).

Il cammino sinodale che si apre in questo anno pastorale 2021-22 porta con sé anelito all’inclusione che chiede ascolto e generi relazione nella Chiesa:

«La ragione di tale ascolto sta nel fatto che tutti nel popolo di Dio hanno ricevuto lo Spirito, e perciò tutti sono costituiti profeti, in quanto “hanno ricevuto l’unzione del Santo e hanno la conoscenza” (cfr. Gv 2, 20)». La parola dell’altro, alimentata dalla forza propositiva e profetica del Paraclito, ha sempre un volto e l’ascolto diventa relazione quando come comunità sappiamo strutturare relazioni significative in grado di mettere al centro la parola dialogica, sempre aperta al confronto e alla discussione conviviale. Tale è lo stile del battezzato: come discepolo di Cristo sa di essere sempre in suo ascolto, Parola fatta carne. Tale ascolto è l’esercizio che la Chiesa compie in rapporto alla comunione trinitaria e si fa storia sul piano della fattualità ecclesiale quando spezza questa Parola e la sa ascoltare e leggere nelle dinamiche delle parole umane. La comunione è l’origine e la destinazione della sequela sinodale (p. 19).

Gli orientamenti non sono una ricetta per risolvere i problemi, ma sono certamente la proposta evangelica incarnata nella Comunità diocesana di Teggiano-Policastro. Se ogni anno pastorale è occasione per il nostro Vescovo per ri-mettersi in ascolto, in discernimento e in missione a servizio dello Spirito, così ogni parroco sente nel proprio ministero l’anelito a servire i fratelli e a scrutare nella comunione presbiterale i segni dei tempi, e tutta la comunità è chiamata a partecipare, con lo stesso ardore e la comune responsabilità battesimale, ai processi di comunione ecclesiale e all’esercizio dei munera di Cristo.

La missione che il Vescovo ci consegna è quella di ascoltare insieme la Parola viva nel cuore del popolo di Dio, tutti partecipi della fedeltà di Dio promessa ai suoi figli. Come ha ricordato Papa Francesco nella recente assemblea plenaria dei Vescovi italiani indicando il duplice aspetto del cammino sinodale, occorrerà far nascere:

"[La] Sinodalità dal basso in alto, ossia il dover curare l’esistenza e il buon funzionamento della Diocesi: i consigli, le parrocchie, il coinvolgimento dei laici… (cfr. ccc 469-494), incominciare dalle diocesi: non si può fare un grande sinodo senza andare alla base…; e poi la sinodalità dall’alto in basso», che permette di vivere in modo specifico e singolare la dimensione collegiale del ministero episcopale e dell’essere ecclesiale. Solo in questa modalità è possibile prendere decisioni su questioni essenziali per la fede e la vita della Chiesa: occorre camminare insieme con pazienza, unione e con l’umile e sana convinzione che non potremo mai rispondere contemporaneamente a tutte le domande e i problemi. La Chiesa è e sarà sempre pellegrina nella storia, portatrice di un tesoro in vasi di creta (cfr. 2 Cor 4, 7): non sarà mai perfetta in questo mondo e che la sua vitalità e la sua bellezza stanno nel tesoro del quale è costitutivamente portatrice".

La nostra Chiesa diocesana è chiamata a vincere i nemici storici della Speranza, ancor di più in questo momento post-pandemico: la rassegnazione di sentirsi periferia, il clericalismo che non ci fa sentire l’essere Chiesa di popolo e il pelagianesimo che trova la soluzione solo nel diritto e nell’autorità (GE 57-59). Lo Spirito accenda la Luce di Cristo per portare a compimento l’evangelizzazione e la crescita del popolo di Dio. Grazie al nostro Vescovo per la sua paterna presenza, la tenacia nelle difficoltà, la preghiera nelle prove e assicuriamo come popolo di Dio, ministri inclusi, la piena partecipazione a ciò che lo Spirito ci consegnerà nel reciproco ascolto, nel sincero dialogo e nella fervente preghiera.

Scarica il testo completo degli Orientamenti Pastorali 2021-2022