Su Avvenire del 6 maggio 2015 è stata pubblicata un'intervista al nostro Vescovo circa la situazione degli sbarchi e dell'accoglienza degli immigrati.
Riportiamo di seguito il testo dell'intervista.
Accoglienza
IL VESCOVO DE LUCA: "INUTILE CHIUDERSI".
di Alfonso D'Alessio
Sono 35 i minori non accompagnati quelli cioè privi di cittadinanza italiana o di altro stato dell' Unione Europea e che non hanno i genitori o adulti che possano prendersi cura di loro, 671 i migranti accolti nei comuni del territorio diocesano, 198 i ragazzi dei progetti Sprar, il sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati, 15 del progetto afgani per un totale di 919 fratelli e sorelle. Questi i numeri che riferisce padre Antonio De Luca, vescovo di Teggiano-Policastro e delegato della Conferenza episcopale campana per il settore dei migranti. Impegno non semplice per una diocesi che conta poco meno di 119mila fedeli, ma portato avanti con la consapevolezza che il futuro non può che passare per l' accoglienza e l' integrazione. Scommessa sostenuta dalla Caritas diocesana che segue non solo l' ospitalità, ma cura l' integrazione.
Padre Antonio, a ogni sciagura del Mediterraneo si rischia di cadere nella retorica di circostanza, come superarla?
Con un coro di voci che, però, richiedono un' alleanza di gesti e di iniziative capace di mettere in atto non solo il diritto a emigrare, e dunque il dovere dell' accoglienza, ma anche il diritto a restare nella propria terra. Il fenomeno dei migranti è il sintomo di un male di proporzioni nefaste e dolorosissime. Di fronte a queste diffuse strutture di ingiustizia non basta pensare ai blocchi navali, né alla distruzione dei barconi, ma in primo luogo bisogna andare alle radici della nascita dell' Europa che si costituisce nel tempo attraverso l' incontro dei popoli, l' accoglienza e la solidarietà. Ecco il volto cristiano dell' Europa.
Si possono fermare persone come noi che fuggono da guerre, fame e anche dalla destabilizzata situazione dei paesi da cui partono?
Per fermare la migrazione non si perseguitano i disperati, ma si cura la destabilizzata situazione sociale e politica dei paesi da cui sono costretti a partire in cerca di speranza e di una ritrovata dignità di vita. Non è la chiusura difensiva di beni esclusivi che può generare equilibri mondiali, bensì l' equa distribuzione delle risorse. Purtroppo non sono ancora scomparse le strategie delle barriere e dei confini rafforzati. Peggio poi quando, per ostacolare l' accoglienza, si strumentalizza l' opinione pubblica in nome della sicurezza e del pericolo di commistione col terrorismo. Bisogna evitare di difendersi dai disperati. I volti degli immigrati vengono banalmente dipinti con i tratti di quelli che portano confusione, sottraggono posti di lavoro, inquinano il sentimento religioso, ma essi non sono una minaccia, piuttosto offrono una nuova opportunità per conoscersi e scambiarsi risorse.
Si può parlare di un nuovo mercato di uomini e donne?
Direi di si. Le ultima tragedie hanno messo a nudo, qualora ce ne fosse ancora bisogno, i sistemi di cui si servono le menti criminali per lucrare sulla piaga della tratta umana. La vendita dei carichi della speranza, e tutto quello ad essa connesso, si mantiene a galla non solo per mezzo delle carrette del mare, ma perché c' è ancora chi se ne lava le mani. Restiamo così trafitti di fronte ai bambini e alle donne consegnate ai viaggi della morte, ma il sentimento non basta, gli indirizzi della vita si imprimo anche con robuste e coraggiose decisioni.
Qual è il rischio da evitare?
Se dovessero consolidarsi le opzioni a favore degli interventi militari e il rafforzamento delle frontiere, gli abissi del nostro mare e della nostra indifferenza continueranno ad ingoiare un numero infinito di vittime.