Stampa

La forza trasformante del Vangelo

Scritto da Massimo La Corte on .

5 febbraio - V Domenica del Tempo ordinario

“O Dio… donaci il vero spirito del Vangelo, perché ardenti nella fede e instancabili nella carità
diventiamo luce e sale della terra". (dalla Liturgia)

Il Vangelo di questa domenica è la continuazione del grande discorso di Gesù delle beatitudini iniziato domenica scorsa. Dopo che Gesù ha pronunziato il discorso della montagna nulla più potrà essere come prima. Non solo i cristiani, ma ogni uomo non potrà più fare a meno di confrontarsi con quel discorso che ai più potrà sembrare assurdo, ma che invece delinea il cammino per una umanità rinnovata, il programma per una vita riuscita. Alla ricerca spesso estenuante della felicità, le beatitudini costituiscono la risposta a questo anelito di pienezza.

Oggi la parola di Cristo non è meno sorprendente di domenica scorsa. Gesù infatti richiama i suoi discepoli di sempre ad essere sale e luce. E ci meraviglia che Dio possa guardare all’uomo chiedendogli di essere sale e luce, per via dei limiti, della pochezza e del peccato che lo attraversa. Eppure Gesù ci chiede un impegno sempre maggiore per non sciupare la nostra chance, per essere una possibilità perché il Vangelo diventi reale vissuto, principio di trasformazione del nostro orizzonte umano.

Dio oggi interpella la nostra esistenza! E ci chiede di rendere visibile la forza trasformante del Vangelo. Non è utopia, ma è reale possibilità posta nelle nostre mani. Dio non ci chiede niente che non rientri nelle nostre possibilità, anzi ci rende capaci di compiere gesti di umanità che hanno il sapore di divino. Egli ci chiama non perché siamo forti e capaci, ma ci rende forti e capaci chiamandoci.

Abbiamo un compito ed una missione a cui non possiamo sottrarci. Sarebbe un tradimento della nostra fede, un tornare indietro. Costituirebbe un ripiegamento insensato su se stessi, una mancanza di coraggio che spegne ogni tentativo di bene. Essere sale della terra e luce del mondo costituisce la piena realizzazione della nostra vocazione battesimale, ci immette in una dimensione di missionarietà che non si accontenta del punto raggiunto, ma che cerca sempre più di spargere il Vangelo negli ambiti dell’esistenza umana.

Il cristiano è sale della terra e luce del mondo quando comprende che la sua testimonianza dà sapore al mondo, rinnovando così la presenza di Dio che continua a visitare la nostra umanità; quando la sua azione non si ferma a sé stesso, ma rimanda a colui che è la fonte del bene, Dio; quando questa azione produce opere buone che spingano gli uomini a rendere gloria al Padre che è nei cieli.

Possiamo sperimentare che chi incontra veramente Gesù Cristo diventa anch’egli più uomo; chi ha aperto l’esistenza al Vangelo ha constatato che la vita diventa più buona e più bella. Da ciò scaturisce che la vita cristiana non si sofferma su cosa i cristiani debbono fare, ma come debbono vivere nel mondo perché questo riceva sapore e luce.

“La luce non illumina se stessa, il sale non serve a se stesso. Così ogni credente deve ripetere la prima lezione delle cose: a partire da me, ma non per me. Una religione che serva solo a salvarsi l’anima non è quella del Vangelo. L’umiltà della luce e del sale: perdersi dentro le cose. Come suggerisce il profeta Isaia: «Illumina altri e ti illuminerai, guarisci altri e guarirai» (Isaia 58,8). Non restare curvo sulle tue storie e sulle tue sconfitte, ma occupati della terra, della città. Chi guarda solo a se stesso non si illumina mai”. (P. Ermes Ronchi).

Buona e santa Domenica.

+ p. Antonio, Vescovo.