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Il bene più grande

Scritto da Massimo La Corte on .

31 Luglio - XXI Domenica del Tempo Ordinario

“Fatevi un tesoro inesauribile nei cieli”, dice il Signore. (Lc 12,33)

Nel pieno dell’estate il Vangelo ci propone il brano nel quale Gesù è interpellato a dirimere una questione di eredità. Uno della folla si rivolge a lui per ottenere giustizia. Uno dei tanti casi nei quali l’attaccamento ai beni terreni ha offuscato anche i legami più intimi, quello tra fratelli. Non c’è spazio per il benevolo accordo, c’è bisogno di una sentenza che ristabilisca la giustizia. Come in altre circostanze Gesù si sottrae e prende lo spunto per offrire un insegnamento che, vedendo i risultati, ha sortito effetti pressoché inesistenti nella comunità dei credenti.

I beni e il danaro hanno sempre causato difficoltà, in ogni famiglia e spesso anche nel rapporto tra amici si possono verificare questi problemi di rapporto che nascono da un insano attaccamento a quanto si possiede. Non si è in grado di essere ragionevoli, l’eredità va divisa in parti uguali, anche se poi conosco che mio fratello ha più bisogno di me. A soffrirne sono gli anziani genitori che hanno speso la vita per consegnare alcune sicurezze che poi diventano causa di odio, disprezzo e risentimento.

Gesù mette in chiaro un aspetto che spesso dimentichiamo: la vita non dipende da ciò che si possiede! E non ci vuole certamente un acume raffinato per capirlo. Eppure si continua a far finta che si è eterni, credendo che ciò che possediamo sarà per sempre nostro. Non solo qui, ma anche altrove Gesù ha parole dure contro chi non riesce a riscattarsi dalla smania del possesso. Gesù esalta la povertà, lui stesso vive dignitosamente senza pretendere troppo, tant’è che quando si incontra qualcuno che se la passa male lo chiamiamo “povero Cristo”; eppure mai egli ha detto che la ricchezza è sinonimo di sporcizia… tutt’al più è pericolosa, drammaticamente pericolosa. In questo senso il discepolo è chiamato a fare delle scelte ben precise, che non lascino spazio a fraintendimenti; deve cioè scegliere in chi porre la sua fiducia e la sua salvezza, se in Dio o nelle ricchezze. L’avidità miete sempre più vittime per il semplice fatto che le ricchezze, con molta rapidità, passano dalle mani al cuore, occupando il posto che, nella vita del cristiano, è di Dio.

L’uomo della parabola non è cattivo, è un uomo onesto che lavora e che raccoglie il frutto delle sue fatiche. Peccato che è proprio in queste ricchezze che pone la sua fiducia, diventano il suo dio. Egli non si preoccupa affatto che la vita non dipenda dai beni materiali; progetta solamente la sua esistenza come se Dio non esistesse.

Anche l’insegnamento di S. Paolo mette in guardia dallo sfrenato desiderio di accumulare beni terreni: L’attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori (1Tim. 6, 10).

Custodiamo gelosamente Dio nel cuore e non permettiamo che altro prenda il suo posto. Così saremo in grado di donarlo a quanti il Signore pone sul nostro cammino.

Buona e santa domenica!

+p. Antonio, Vescovo.