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Di ritorno da Firenze

Scritto da Rosetta Paladino on .

Insieme agli altri delegati e al nostro Vescovo, Padre Antonio, abbiamo partecipato con grande spirito di servizio all’Assemblea indetta dalla CEI che, dal 9 al 13 novembre ha riunito a Firenze, cuore dell’arte, della cultura e della carità, 2200 inviati di tutte le diocesi di Italia.

La storia del Convegno e il perché non sto a raccontarveli, voglio però comunicarvi i frutti di questo incontro. Le direttive al Convegno le ha date proprio lui, Papa Francesco, consegnando tre parole: umiltà, disinteresse, beatitudine. Le parole le avrete sicuramente sentite dai media o lette sui giornali in questi giorni, ma esse sono già scritte da tempo perché coniate da Dio stesso quando si è fatto carne, cioè uomo in Cristo! Che cosa significa? Significa ripartire da Cristo, morto per noi ma risorto, perché solo lui può dare senso alla nostra vita. Facciamoci piccoli sapendo che Cristo ha fatto così.

Nella Fortezza Da Basso, in gruppi di dieci, intorno ad un tavolo rotondo di lavoro - 203 tavoli per l’esattezza - ognuno ha potuto serenamente esprimersi. Bisogna USCIRE andando verso chi non sa, chi è lontano, chi chiede in silenzio e verso i giovani. Mettiamoci all’ascolto della realtà che ci circonda lasciando cadere il ”si è fatto sempre così”, senza paura di sporcarci le mani perché, dando la possibilità all’altro di essere ascoltato, possiamo ANNUNCIARE. Per Annunciare bisogna curare la parola del Vangelo e dare un grande spazio all’Eucarestia che deve essere sempre celebrata in maniera bella e sobria, essere vicini all’altro in ogni fase della vita con catechesi e formazione permanenti. Oggi più che mai dobbiamo camminare insieme, il cristiano e la chiesa devono ABITARE i luoghi dell’umanità di oggi. La nostra società è fatta di luoghi di lavoro, di studio, di ambienti politici, associazioni, aggregazioni, ospedali. La Chiesa deve saper abitare questi luoghi soprattutto facendo sentire la sua vicinanza a chi si sente lasciato solo. Tutti abbiamo il dovere morale, etico e sociale di abitare custodendo il luogo dove stiamo, perché il mondo non è nostro, ci è stato donato e dobbiamo donarlo ai nostri figli. Pur sapendo di essere inadeguati, cerchiamo di integrarci rimanendo liberi e liberanti come ci chiede il papa. Restiamo uniti nell’EDUCARE andando verso la stessa meta, collaborando insieme con senso di responsabilità. Facendo questo, il nostro volto sarà trasfigurato perché su di esso si vedrà il volto Bello di Cristo Risorto che riuscirà a TRASFIGURARE l’altro.

La chiesa italiana, nei giorni del convegno di Firenze, ha dato un grande esempio di apertura.

Questo deve fare ogni cristiano: andare oltre come vero testimone di AMORE.

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