Stampa

La fede senza clamore

on .

6 settembre 2015 - XXIII Domenica del Tempo Ordinario

"Gesù annunciava il vangelo del Regno e guariva ogni sorta di infermità nel popolo" (Mt. 4, 23).


La ripresa del Vangelo di Marco ci permette di ascoltare l'insegnamento di Gesù sulla falsa tradizione imposta dagli uomini e la volontà di Dio che rivela agli uomini l'altissima vocazione a cui ci chiama.

La guarigione del sordomuto sembra uno dei tanti segni prodigiosi operati da Gesù, ma ci sono delle particolarità che lo contraddistinguono. Gesù è in terra infedele, nel territorio della Decapoli, egli non ha paura di incontrare persone bisognose della sua misericordia: l'apertura straordinaria dell'opera di Gesù ancora oggi rimane per tutti i suoi discepoli uno sprone ad uscire fuori da confini predefiniti, secondo anche l'insegnamento di Papa Francesco. Avrebbero dovuto sfamarsi prima i figli e poi ci si poteva rivolgere agli stranieri, nel ragionamento di Gesù non vi è questa distinzione, non c'è un prima e un poi, c'è l'uomo nella sua irripetibile unicità.

Gesù prega prima di compiere il segno, alza gli occhi, si rivolge al Padre, in una relazione misteriosa ed intensa, unica, che segna in modo inequivocabile la sua opera a favore dell'umanità. Questo atteggiamento di Gesù ci insegna che nulla ci è dovuto, neanche dalla bontà di Dio, e tutto va chiesto nell'umiltà e nella preghiera.

L'azione di Gesù non può essere divulgata come fatto sensazionale, per questo chiede ed impone il segreto. Con la sua opera Gesù dimostra che i tempi messianici sono compiuti, non bisogna attendere null'altro, ma tutto deve essere ricondotto al sacrificio della croce e alla luce radiosa della resurrezione. Non ci si può fermare a questi segni che, per quanto importanti, sono solo una dimostrazione della misericordia di Dio che si manifesta in Gesù: la croce e la resurrezione rimangono per i discepoli di tutti i tempi il Segno per eccellenza.

Per ultimo lo stupore della gente che vede i segni che Gesù compie. Un vedere che non genera sempre la fede, che si ferma in superficie, che non scava nell'esistenza e non produce frutto. Per noi che oggi leggiamo questo brano la domanda fondamentale è: chi è Gesù di Nazareth? Rispondere in modo veritiero significa iniziare l'esperienza sorprendente del discepolato.

Buona e santa domenica!

+ P. Antonio
Vescovo di Teggiano-Policastro


Stampa

Le porte della Misericordia

on .

"Le Porte della Misericordia: per un nuovo umanesimo in Gesù Cristo" è il titolo dell'ultimo lavoro di don Tonino Cetrangolo, Vicario Episcopale per l'Annuncio e la Catechesi e Parroco di Scario.

Il libro, pubblicato anche sul sito ufficiale del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze (www.firenze2015.it)  propone cinque lectio in compagnia del Discepolo amato nel Vangelo di Giovanni, nella metafora delle cinque porte che il credente è chiamato a varcare per vivere un umanesimo integrale in Gesù Cristo. Il Prediletto, dinanzi Cristo, è come posto alla scuola del Logos fatto persona: l’umanizzazione del Logos divino e la divinizzazione dell’uomo vengono così proposte mediante le cinque vie (Uscire, Annunciare, Abitare, Educare, Trasfigurare) che il discepolo vive nelle frontiere della vita.

Scarica il libro integrale

1. La “porta” del Cenacolo (Gv 13)
Il primo capitolo mette in evidenza la frontiera della vita affettiva e delle relazioni famigliari: “amatevi gli uni gli altri”! Il discepolo amato, che affianca Gesù, anzi, come traduce la Vulgata, è situato in ‘seno’ a Gesù, “in sinu Iesu”, ovvero nelle sue viscere misericordiose: in Cristo, in seno alla Chiesa-madre, il discepolo è nutrito, matura, viene amato e viene formato ad un nuovo umanesimo per essere rigenerato e posto in uscita per la missione. La porta del cenacolo dice: per essere Chiesa, Famiglia di famiglie, in ‘uscita’ missionaria è necessario il tempo dell’annuncio e dell’ascolto: l’uomo abita il Verbo e Questi abita la vita dell’uomo. Nel Cenacolo il Maestro educa affettivamente ed effettivamente all’Amore reciproco, solidale e gratuito. Così, Cristo, la sua logica, la sua mentalità e la sua persona viene a Trasfigurare le relazioni umane per rigenerarle nella Carità.

2. La “porta” stretta della croce (Gv 19)
Il secondo capitolo un invito a varcare, in compagnia del discepolo solidale, le frontiere delle mille fragilità vissute nelle periferie esistenziali della vita. Annunciare, ascoltare e condividere il ‘dramma’ di ogni fragilità è l’invito rivolto dall’umanità sofferente del Crocifisso: “Ecco (ìde) tuo figlio… Ecco tua madre”. Qui l’Ecco (ìde, guarda) è un imperativo che invita il Discepolo e la donna sotto la croce ad aprire gli occhi dinanzi alla tragedia della sofferenza come cifra della condivisione della prova e delle solitudini vissute nelle frontiere delle fragilità, nelle periferie esistenziali della vita. Non chiudere gli occhi di fronte al male significa già abitare la vita degli altri. Non chiudere gli occhi (ìde) significa educarsi reciprocamente ad avere uno sguardo, un cuore e una mentalità misericordiosi. La condivisione, l’accoglienza e la solidarietà del discepolo amato dice che il dolore e la sofferenza se condivisi e offerti operano una trasfigurazione, una nuova umanizzazione, e perdono la carica distruttiva e pervasiva che il male porta in sé. E’ un aprirsi alla Speranza più Grande.

3. La porta spalancata della tomba vuota (Gv 20)
Il terzo capitolo rinvia alla ricerca e alla trasmissione della conoscenza e della Verità. Cristo viene a umanizzare le frontiere del mondo delle proposte educative e della trasmissione del sapere, non più intesi come nozione da comunicare ma come esperienza e visione personale della realtà da testimoniare e trasmettere. Varcare la frontiera della Traditio, ci fa entrare nel cuore delle cinque vie proposte dalla Traccia di Firenze 2015: il Kerigma, ovvero annunciare la vittoria del bene sul male, della Vita sulla morte, operata dal Risorto significa, anche, abitare il corpo di Cristo (Chiesa) con le sue piaghe Trasfigurate dalla Grazia. Il discepolo amato, alle soglie della porta del Mistero, dà precedenza a Pietro e diviene modello dell’Amore che dà sempre precedenza: l’autorità di Pietro e l’autorevolezza del Prediletto ci educa alla corresponsabilità ecclesiale e comunitaria, alla ricerca e alla comunicazione del vero, bello e buono esistenti nella storia come cifra della collegialità. Questo significa compiere un passaggio dall’uomo vecchio a quello generato dal nuovo umanesimo di Cristo risorto.

4. La porta della missione (Gv 21)
Il quarto capitolo rappresentata dalla pesca prima fallimentare e poi miracolosa, vuole aiutarci a guardare a Cristo e alla sua grazia come capacità di umanizzare l’esperienza del lavoro e della festa, nella prospettiva della collegialità, della comunione e della corresponsabilità al progetto di Dio.

5. La porta della testimonianza escatologica (Gv 21)
La porta escatologica è l’ultima frontiera che mette in relazione città degli uomini e città di Dio nella prospettiva di un impegno politico e sociale volto alla costruzione di una cittadinanza attiva e di un mondo nuovo fondato sulla carità che non avrà mai fine.

Nell’Invito al Convegno di Firenze 9-13 novembre 2015 la Chiesa italiana affronta la questione sull’umanesimo, ovvero su quel “di più” che rende l’uomo unico tra i viventi secondo quella permanente domanda di senso che l’orante formula nel Salmo 8. Se nel mondo contemporaneo l’affermazione della centralità dell’uomo nell’universo e della sua peculiare natura, la sua unicità e la sua prevalenza rispetto a tutti gli esseri viventi, non è scontata nel quadro di particolari ipotesi antropologiche olistiche in cui l’uomo è solo una delle moltissime specie che popolano il pianeta, il Prediletto, dinanzi al Verbo fatto Uomo, con il suo percorso di umanesimo integrale in Cristo, ci aiuta a compiere una nuova umanizzazione delle frontiere dell’esistenza: né il mondo minerale, né il mondo vegetale, né il mondo animale possono essere educati al “Logos” e al dia-logo. Se una foresta sta per essere distrutta da parassiti, salvaguardare la foresta potrebbe significare mettere in atto un sistema difensivo, come estrema ratio, contro i parassiti stessi: questi non possono recepire un invito ad uscire dal loro habitat, né a ricevere un annuncio che contribuisca a far ripensare quanto stanno operando, né possono avere consapevolezza di una nuova modalità di abitare l’ambiente, né essere educati a discernere le conseguenze del loro agire: in tal senso il ‘logos’ non trasfigura la loro esistenza, non converte il loro proposito. Se, invece, l’esistenza della foresta è messa in pericolo dall’azione umana di un villaggio non possiamo sacrificare la comunità del villaggio! L’uomo può recepire il Verbo: uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare. La conversione per l’uomo è possibile! La pietra, la pianta, l’animale non hanno “logos” per varcare le “porte” della conoscenza e discernere come vivere i livelli affettivi di eros, philìa e agape; né capacità logica di scegliere la condivisione solidale della sofferenza; né impulso alla ricerca della verità e alla sua trasmissione; né capacità di scelta del “lavoro” come vocazione per la trasformazione del mondo; né capacità dell’esercizio della programmazione del bene comune mediante la prospettiva di una partecipazione alla vita della polis. L’invito a varcare le “porte” in compagnia del Prediletto è un percorso di nuova umanizzazione passo dopo passo.

Stampa

In Terra Santa con il Vescovo

on .

E' iniziato ieri, 20 agosto, il pellegrinaggio in Terra Santa presieduto dal nostro Vescovo, Mons. Antonio De Luca.

In programma la visita ai luoghi cari alla nostra fede: Nazaret, il Monte Tabor, Cana, il Lago di Tiberiade, Qaser El Yaud, Qumran, Gerico, Betania, Gerusalemme, Betlemme, Ain Kerem e Abu Gosh.

Attraverso facebook Mons. De Luca, appena arrivato in Terra Santa, ha voluto salutare e assicurare a tutti il ricordo nella preghiera: "È iniziato il Pellegrinaggio in Terra Santa con i pellegrini della nostra Diocesi ed altri amici che ci hanno raggiunto dalla Diocesi di Napoli. Tempo di grazia e di rinnovamento e la promessa della preghiera per tutti.".

Attraverso la pagina facebook del Vescovo è possibile seguire il Pellegrinaggio e vedere le foto: Padre Antonio De Luca

Stampa

Nell'Eucaristica la prova della fede

on .

16 Agosto 2015 - XX Domenica del Tempo Ordinario

Alla folla confusa e disorientata sulla vera identità del messia, Gesù preferisce dire una parola chiara sulla natura della missione e sulla sua azione redentrice. Rompe ogni indugio, senza frapporre altra esitazione, correndo il rischio del fraintendimento rivela se stesso: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo" (Gv. 6, 51).

Dinanzi a questa consegna del Figlio di Dio o c'è la resa o la ribellione, il rifiuto... "Come può costui darci la sua carne da mangiare?" (Gv. 6, 52). Respingere l'Eucaristia significa scegliere la morte per denutrizione spirituale e tuttavia ad essa si accede con una proposta di vita che è fatta di altissimo profilo etico... "Chi mangia di me vivrà per me" (Gv. 6, 57). L'Eucarestia non si subisce, si sceglie, essa richiede la resa della fede. Ce lo ricorda San Paolo nella lettura di oggi: "Fratelli, fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo... sappiate comprendere qual è la volontà del Signore... siate ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre". (Ef. 5, 15.17.19-20).

«L'Eucaristia non è un premio per i buoni, ma una forza per i deboli, un vincolo di comunione» afferma Papa Francesco e continua: "E con questo “viatico” ricolmo di grazia, i discepoli hanno tutto il necessario per il loro cammino lungo la storia, per estendere a tutti il regno di Dio... E non dimentichiamo: «Per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di comunione; per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto». (Papa Francesco, omelia Corpus Domini 2015).

L'Eucarestia ci aiuta a realizzare l'abbattimento di quelle barriere spazio temporali e ci immerge in quella dimensione di eternità che non è uno stato, ma una condizione dello spirito e così impariamo a comprendere quell'unico, eterno, sommo sacrificio della croce, che ci fa entrare nel tempo di Dio che è pienezza di vita.

In questa prospettiva si fa chiara l'esigenza spirituale dei Martiri di Abitene: "Noi cristiani senza la domenica non possiamo vivere".

Buona e santa domenica!

+ P. Antonio
Vescovo di Teggiano-Policastro