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Morire di speranza

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Si è svolta ieri a Napoli, nella Basilica dei Santi Severino e Sossio, la veglia di preghiera "Morire di Speranza" in memoria di quanti perdona la vita nei viaggi verso l'Europa. La preghiera è stata presieduta da Mons. Antonio De Luca, Vescovo di Teggiano-Policastro.

Nella Giornata mondiale del rifugiato Comunità di Sant'Egidio, Acli, Centro Astalli, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Federazione Chiese evangeliche e Associazione Papa Giovanni XIII promuovono, ormai da anni, questo momento che si terrà in trenta città italiane, per dire "No" ai muri e "Si" ai corridoi umanitari.

Leggi la RIFLESSIONE proposta da Mons. Antonio De Luca.

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Chi è Gesù?

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19 Giugno - X Domenica del Tempo Ordinario

Salva il tuo popolo, Signore,
benedici la tua eredità,
e sii la sua guida per sempre. (Sal 28, 9)

Potrebbe apparire una domanda superflua, retorica, per certi versi inutile. Eppure Gesù vuole sgombrare il campo da facili fraintendimenti sulla sua identità. Non vuole illudere le persone che lo seguono e tuttavia non intende prestarsi a giochi di potere più o meno evidenti. Non chiede di seguirlo perché è forte, potente, battagliero, guerriero, capace di liberare il popolo di Israele dall’oppressione con la potenza; egli vuole plasmare la mente e il cuore del discepolo con la forza persuasiva del Vangelo che, solo, è in grado di liberare l’uomo dalle sue antiche e nuove paure e ristabilirlo nella sua dignità.

E Gesù non è neanche in cerca di sconti o di scorciatoie, sa bene che la sua glorificazione deve passare attraverso la spogliazione della croce, del tutto denudato della dignità, consapevole però della continua presenza del Padre. La croce e la gloria camminano di pari passo, per questo indica ai suoi discepoli che la croce si staglia all’orizzonte dell’esistenza del cristiano. Lui non si sottrae ad essa e verso di essa si incammina con consapevole dignità, circondato dall’incomprensione dei suoi discepoli e immerso in una personale solitudine.

La domanda che Gesù rivolse ai suoi discepoli oggi è rivolta a noi e, in certo qual modo, obbliga a far emergere l’immagine che di lui ognuno si è costruito. Spesso del Signore abbiamo un’idea meschina, che contraddice la verità che affiora dal Vangelo, alla domanda di Gesù possiamo rispondere esattamente pur conservando di lui una nostra proiezione fuorviante. Non basta affermare con le labbra che Gesù è il Cristo se non si disposti a seguirlo sempre, soprattutto quando la strada inizia a farsi in salita, quando gettiamo su di lui una maschera che è solo la nostra umanità fallita. Queste parole di Gesù ci obbligano a prendere sul serio la nostra fede, ci inchiodano alla nostre responsabilità di prendere Dio sul serio, mettendo da parte il nostro Io che sempre più spesso prende il posto di Dio.

È Gesù stesso che indica la sua identità con l’annunzio sconvolgente della passione, morte e resurrezione, è lui che si fa carico della sofferenza del mondo per redimerla e trasfigurarla. Il suo non è un messianismo a buon mercato, che illude e sempre più spesso mortifica le persone. Lui è il Dio che muore d’amore per l’umanità e che non si nasconde mai, neanche davanti all’atrocità assurda e tragica della croce.

Seguiamo il Maestro, scorgendo in lui i lineamenti del Padre misericordioso, riconoscendo che egli è il Cristo, il Figlio di Dio che ci libera e ci salva dalla nostra miseria e dal nostro peccato.

Buona e santa domenica!

+p. Antonio, Vescovo.

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La misura di Dio

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12 Giugno - XI Domenica del Tempo Ordinario

O Dio, tu non ti stanchi mai
di usarci misericordia.

Dio non usa due pesi e due misure, anche se spesso possiamo pensarlo e crederlo. Non appartiene a Dio il metro di giudizio che è nostro, Dio va sempre al di là, con lui non si rischia di essere giudicati secondo le apparenze. Conosce profondamente il cuore dell’uomo, sa cosa c’è dentro di noi, è più intimo a noi di noi stessi. Non si lascia abbagliare da una presunta giustizia derivante dall’osservanza scrupolosa della legge, il suo amore è gratuito e ci ama a prescindere dalle nostre azioni, anche se vuole che l’uomo lo conosca, lo ami, lo serva. Ma prima di tutto ama! E lo fa con tenerezza materna, che si china sulle ferite del figlio più vulnerabile, si prende cura di quello debole, porta nel cuore quello lontano.

Il Vangelo di oggi intende sottolineare questa caratteristica di Dio, che mai si stanca di usare misericordia. Come ha fatto con la donna sconosciuta che, entrata in casa del fariseo Simone, scorge Gesù e subito piange ai suoi piedi, li asciuga con i suoi capelli e li unge con olio profumato. Un’immagine di straordinaria intensità, un’azione alla quale Gesù non si sottrae, si lascia toccare da una peccatrice pubblica provocando il giudizio del fariseo osservante.

Gesù mette due modi di agire (e di ragionare) a confronto, due modi di rapportarsi a Dio, lasciando che sia il fariseo a giudicare se stesso. Simone si ferma a guardare la donna a partire dal suo passato di peccato, Gesù invece in lei vede i segni concreti del pentimento, scorge che in lei è vivo il senso di gratitudine, riconosce che quella donna è in grado di amare, al di là del suo passato e del suo peccato.

Gesù non intende giustificare la donna, le dona semplicemente quella nuova possibilità che tutti le negano, la stessa che desideriamo noi quando sappiamo di aver sfigurato la nostra dignità con il fallimento del peccato.

Infine Simone il fariseo giudica anche Gesù pensando che non è vero profeta. Gesù, però, non si preoccupa di questo, egli vuole salvare anche Simone da quel deprimente senso di superiorità che gli chiude il cuore e la mente. Se questo Simone è lo stesso di cui parla l’evangelista Marco (14, 3), egli è un ex lebbroso salvato dalla sua terribile malattia che lo teneva ai margini della società e della religione. Conosce il disprezzo e cosa significhi essere emarginato.

Simone il fariseo certamente avrà imparato la lezione delicata di Gesù, ha colto nel caso posto da Gesù dei due debitori che egli è dalla parte di colui che ama poco perché poco gli è stato condonato. Avrà provato forse anche un piccolo disagio a trovarsi davanti un uomo che ha amato veramente quella dona senza desiderarla. Avrà imparato che il metro di giudizio di Dio è il perdono e l’amore.

Lo stesso di cui tutti abbiamo bisogno.

Buona e santa domenica!

+p. Antonio, Vescovo.

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Convegno Pastorale 2016

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La nostra Chiesa diocesana di Teggiano-Policastro, a partire dal 2012, in linea con gli orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, Educare alla vita Buona del Vangelo, aveva programmato tre trienni di formazione: Educare alla Fede, alla Speranza e alla Carità.

Il primo triennio 2012-2015 ha proposto un percorso di formazione pastorale per tutti gli operatori: Annunciare, celebrare e testimoniare la Fede. Dopo quest’anno di Giubileo straordinario della Misericordia 2015-2016, voluto dal Santo Padre, in linea con le nuove istanze del Convegno Ecclesiale di Firenze 2015, la nostra chiesa diocesana continua il proprio percorso di evangelizzazione e apre il nuovo triennio con il prossimo Convegno Diocesano il 16 e 17 giugno 2016 a Teggiano: La Speranza: per il Nuovo Umanesimo in Gesù Cristo.

La Conferenza Episcopale Italiana, dal 9 al 13 novembre 2015, ha accolto i 2200 delegati del 5° Convegno ecclesiale nazionale a Firenze – riuniti attorno al tema In Gesù Cristo il nuovo umanesimo – e ne ha accompagnato i lavori e ora intende proporlo “sul territorio, nelle diocesi e nelle parrocchie, per rivitalizzarle di speranza e passione evangelica”, come ha scritto Mons. Galantino nel sussidio a cura della segreteria CEI all’indomani del Convegno.

Lo stile sinodale (syn-odòs) sarà anche il nostro metodo (metà-odòs) pastorale fondato su alleanze educative e concretezze al fine di rivitalizzare “la speranza e la passione evangelica” . Dal Convegno Ecclesiale Nazionale viene proposto un percorso mediante le cinque vie:
- Uscire: non solo verso ogni periferia geografica ed esistenziale, ma dalla retorica, dai luoghi comuni e dal politicamente corretto;
- Annunciare: che l’uomo non è solo, ma oggetto di un disegno di grazia;
- Abitare: questo mondo assumendone le sfide;
- Educare: i fratelli a vivere secondo la logica del Vangelo;
- Trasfigurare: le relazioni mediante la pratica della Misericordia.

La stessa “Speranza rivitalizzante e la passione evangelica” possiamo rintracciarla nel discorso programmatico che il Santo Padre, Francesco, ha rivolto ai delegati in Cattedrale a Firenze: “Per i prossimi anni in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni, specialmente sulle tre o quattro priorità che avete individuato in questo convegno”.