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Messaggio per la Giornata della pace

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«La non violenza: stile di una politica per la pace». Questo il titolo del Messaggio per la 50a Giornata Mondiale della Pace, la quarta di Papa Francesco. La violenza e la pace sono all'origine di due opposti modi di costruire la società. Il moltiplicarsi di focolai di violenza genera gravissime e negative conseguenze sociali: il Santo Padre coglie questa situazione nell'espressione "terza guerra mondiale a pezzi". La pace, al contrario, ha conseguenze sociali positive e consente di realizzare un vero progresso; dobbiamo, pertanto, muoverci negli spazi del possibile negoziando strade di pace, anche là dove tali strade appaiono tortuose e persino impraticabili. In questo modo, la non violenza potrà assumere un significato più ampio e nuovo: non solo aspirazione, afflato, rifiuto morale della violenza, delle barriere, degli impulsi distruttivi, ma anche metodo politico realistico, aperto alla speranza.

Si tratta di un metodo politico fondato sul primato del diritto. Se il diritto e l'uguale dignità di ogni essere umano sono salvaguardati senza discriminazioni e distinzioni, di conseguenza la non violenza intesa come metodo politico può costituire una via realistica per superare i conflitti armati. In questa prospettiva, è importante che si riconosca sempre più non il diritto della forza, ma la forza del diritto.

Con questo Messaggio, Papa Francesco intende indicare un passo ulteriore, un cammino di speranza adatto alle presenti circostanze storiche: ottenere la risoluzione delle controversie attraverso il negoziato, evitando che esse degenerino in conflitto armato. Dietro questa prospettiva c'è anche il rispetto per la cultura e l'identità dei popoli, dunque il superamento dell'idea secondo la quale una parte sia moralmente superiore a un'altra. Nello stesso tempo, però, questo non significa che una nazione possa essere indifferente alle tragedie di un'altra. Significa, invece, riconoscere il primato della diplomazia sul fragore delle armi. Il traffico mondiale delle armi è così vasto da essere in genere sottostimato. È il traffico illegale delle armi a sostenere non pochi conflitti nel mondo. La non violenza come stile politico può e deve fare molto per arginare questo flagello.

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Sei tu?

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11 Dicembre - III Domenica di Avvento

“Andate e riferite ciò che avete udito e veduto: ai poveri è annunziata la buona novella”. (cf. Mt 11,4) .

La domanda sull’identità di Gesù di Giovanni battezzatore oggi risuona nelle nostre comunità. È quasi un appello che l’ormai spacciato Giovanni intende rivolgere a quel suo lontano parente. Imprigionato a Macheronte da Erode, sente vicina la sua ora. Ma ha bisogno di trovare certezze, o quanto meno dipanare alcuni dubbi che si addensano nel suo animo. Sei tu? È ormai lontana l’immagine di Giovanni che tuona con forza contro il peccato e il malcostume di coloro che si rivolgevano a lui per ricevere il battesimo di penitenza e di preparazione all’ingresso del Messia nel mondo. Alla situazione di grande esigenza che contraddistingueva il suo ministero, ora si contrappone una condizione di estrema precarietà, gettato in carcere e in attesa di rendere all’Agnello la sua suprema testimonianza. Giovanni è perplesso, sentendo le notizie sul conto di Gesù non ha più la radicale certezza che possa essere lui il Messia, l’atteso. Di una cosa è certo: non è lui il Messia, gli era stato sempre chiaro che lui è solo voce di uno che grida nel deserto. Ad alcuni suoi discepoli aveva indicato l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Non aveva mai avanzato titoli per essere riconosciuto come il Salvatore e sapendo che Gesù stava battezzando nella regione della Giudea, Giovanni disse: “Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3, 27-30). Eppure Gesù sembra tradire le attese di Giovanni. Invece di manifestarsi apertamente, Gesù preferisce stare in luoghi isolati, lontano da qualsiasi forma di notorietà e popolarità a buon mercato. Alla scena apocalittica di Giovanni della scure già posta alla radice (Mt 3, 10), Gesù contrappone quella del vignaiolo che prega il suo padrone di non tagliare il fico sterile, aspettando che portasse frutti per l’avvenire (Lc 13, 6-9). Alle pretese del battezzatore che aspettava un giudizio imminente che avrebbe finalmente separato i buoni dai cattivi, Gesù risponde con un atteggiamento di misericordia verso tutti. Per questo invia alcuni da Gesù a porgergli la fatidica domanda: Sei tu? Oppure dobbiamo attendere un altro? Quanto è difficile accettare un Dio che se comporti diversamente dalle nostre attese! Preferiremmo, per certi versi, farci tagliare la testa, ma un ragionamento diverso dal nostro è difficile da ingoiare. Per Gesù la missione di Giovanni resta tuttavia di grande importanza. Tanto che riserverà a lui un elogio che non fu mai detto per nessuno: “Io vi dico, tra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni” (Lc 7, 28). E a coloro che lo raggiungono per riferire la domanda di Giovanni, Gesù risponde rassicurando che egli è in linea con la profezia di Isaia rinviando i suoi interlocutori a vedere le opere che egli compie. Come Giovanni dobbiamo preparare la via del Signore, fare in modo che ad ognuno arrivi la lieta notizia che Dio si è fatto carne e che, attraverso Gesù di Nazareth, ha raggiunto ognuno di noi. Accogliamo allora questo dono straordinario, lasciamo che il cuore si apra alla gioia di contemplare ormai vicini i giorni della salvezza. A Dio che si china sulla nostra umanità rispondiamo alzando al cielo lo sguardo e riconoscendo in Gesù la sua misericordia e il suo amore.

Buona e santa festa dell'Immacolata!

+ p. Antonio, Vescovo.

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Incontro sul bene comune

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In continuità con la consolidata tradizione del dialogo e delle alleanze educative, il Vescovo Padre Antonio De Luca e i presbiteri della Diocesi di Teggiano-Policastro, il 19 dicembre p.v., incontrano i Rappresentanti delle Istituzioni Civili, Educative, Militari, per una rinnovata riflessione sul bene comune.

Nella prospettiva delle alleanze e delle concretezze, riconosciamo il capitale umano che i nostri territori generano in rapporto ad una rinnovata qualità della vita. Un piccolo contributo per reagire con speranza ad una diffusa sfiducia sociale in rapporto all’occupazione, all’ambiente, al futuro affidabile dei nostri giovani. Un Mezzogiorno sempre più esposto alla deriva dell’indigenza e della povertà non può lasciarci insensibili spettatori, ma responsabili protagonisti.

A guidare la riflessione sarà il Dott. Angelo Scelzo, già Vice-Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Editorialista di Avvenire, Il Messaggero e Il Mattino, Vice Direttore de L’Osservatore Romano, Responsabile Ufficio Stampa e Comunicazione Grande Giubileo dell’Anno 2000, Capo della Redazione romana di Avvenire e inviato speciale, Direttore Agenzia missionaria Fides di Propaganda Fide, Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

È questa un’occasione per riflettere sulla responsabilità che abbiamo in questa fase critica del nostro paese, le ombre non mancano, le ragioni di un impegno sono urgenti in quanto “tutta la politica ha perso la testa e il cuore quando si è accodata ai più forti dimenticandosi dei meno forti e dei più deboli (che sono la maggioranza) senza garantire la necessaria sintesi dei bisogni e degli interessi (il bene comune) che è la principale se non la sola ragione della sua esistenza. Il declino del Paese è cominciato perché ‘nessuno’ si è mai preoccupato di ripensare il sistema sociale e quello economico e produttivo in senso veramente democratico, inclusivo e distributivo. E la crisi della rappresentanza politica è dovuta al fatto che ‘nessuno’ si è mai preoccupato di proporre un’idea politica di «coesione inclusiva» di grande respiro” (FRANCESCO GAGLIARDI, La politica si rianima se si cura di chi fa fatica, in Avvenire, 7 dicembre 2016).

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Santi e immacolati

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8 Dicembre - Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

“Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome…”.

La festa dell’immacolata concezione ci riporta alle origini del mondo, al momento in cui Dio creatore si rivolge all’uomo che aveva creato domandandogli: Dove sei? A questa domanda idealmente si riallaccia il Vangelo di questa festa e trova la risposta nella disponibilità di Maria: Eccomi!

Alla drammaticità delle scelte dell’uomo, che preferisce prendere le distanze da Dio, troviamo la risposta generosa e disinteressata della vergine di Nazareth. All’uomo naufrago a causa del peccato, Dio promette la redenzione, in un continuo farsi prossimo alla sua creatura. Tutta la storia della salvezza è attraversata dalla volontà di Dio di tessere con l’uomo un rapporto, una relazione, un’alleanza. Eppure l’uomo dimostra di saper fare a meno di Dio! Ancora oggi, a Dio che si fa prossimo in Gesù Cristo, l’uomo risponde in modo distratto, disattento, impegnato a costruirsi una sua sedicente libertà da tutto e tutti, senza accorgersi che quella rischia di diventare la sua prigione.

Solo un cuore nuovo è in grado di accogliere le sorprese di Dio. Lo stesso della vergine Maria, capace di ritrovarsi davanti a Dio e a lui manifestare la propria disponibilità. È il cuore di carne contenuto nella profezia di Ezechiele: “Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 26). È quanto si realizza nell’esperienza della vergine Maria.

In lei si interrompe una storia intessuta di peccato, di lontananza dell’uomo da Dio. In lei l’umanità può e deve tornare a sperare: Dio continua ad amare il suo popolo, per sempre. Per questo la Chiesa guarda a questa semplice fanciulla che, per intervento di Dio, è immune da ogni relazione con il peccato, perché qui si gioca la nostra vocazione e realizzazione, cioè liberazione definitiva dal peso del peccato.

Questa festa inserita nel tempo di avvento, permette di fissare lo sguardo su Gesù Cristo che viene. È quanto la preghiera della Chiesa ci suggerisce: “Tu hai preservato la Vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, perché, piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio…Da lei, vergine purissima, doveva nascere il Figlio” (prefazio). Maria è attraversata dalla grazia, ripiena di questa straordinaria presenza di Dio fin nella sua intimità. Con il battesimo anche noi siamo diventati grazia di Dio, ripieni della sua presenza, tempio dello Spirito. Per questo abbiamo la stessa vocazione alla santità, abbiamo, come Maria, la possibilità di portare Gesù nel mondo, permettere all’uomo di oggi di entrare in relazione con lui.

A lei guardiamo come donna fedele, madre credente, sorella accogliente. A lei chiediamo di indicarci la strada, nella consapevolezza che la nostra vita avrà senso solo se accoglieremo il suo invito, come alle nozze di Cana: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2, 5).

Buona e santa festa dell'Immacolata!

+ p. Antonio, Vescovo.