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La fedeltà è la siepe dell'amore

Scritto da Massimo La Corte on .

In una cultura soggetta alle molteplici ed immediate mutazioni, risulta difficile parlare di fedeltà: essa viene contaminata con il senso di immobilismo, conformismo e persino come resistenza al cambiamento. La fedeltà diventa trappola o pigra rassegnazione. La fedeltà alla parola data, la fedeltà agli impegni assunti, ma anche fedeltà ad una visione etica del lavoro, delle regole scelte. E infine fedeltà alle diverse relazioni nelle quale ci impegniamo con libertà e certamente con autenticità. La fedeltà non è il filo spinato che ci priva di libertà, ma è la pienezza al baratro della solitudine e della incompiutezza umana. Si diventa felici perché si è fedeli. Soprattutto quando essa riguarda l’amore che si è giurato con un’altra persona. Ma la fedeltà è una sfida alla nostra visione del mondo, ai principi e valori che sorreggono il nostro impegno, alla cultura, alla politica e, non per ultimo, al proprio credo religioso e alla propria fede. La fedeltà non può essere barattata per un successo, né per un consenso, né per un interesse, essa è insostituibile, pena la nostra stessa identità di persone libere e responsabili. La fedeltà genera sogni, progetti, percorsi, stabilisce anche soste dolorose e pause apparentemente infruttuose, ma anche energiche riprese e coraggiose svolte. Non è mai scontata e quando essa è minacciata reclama un sussulto di coscienza morale che apre l’uscio di una salutare presa di distanza e genera costruttive obiezioni. Quando strada facendo la fedeltà viene percepita come insopportabile macigno, immeritata condanna o montagna da scalare senza averne l’energia, è allora il momento di ripensare il cammino per ricentrare la meta e rimotivare gli intenti.

L’esaltazione della cultura delle emozioni ha determinato una mutabilità di adesioni e di appartenenze, l’amore è diventato liquido: «l’amore liquido è proprio questo: un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame. I “legami umani” sono stati sostituiti dalle “connessioni”. Mentre i legami richiedono impegno, “connettere” e “disconnettere” è un gioco da bambini» (Z. Bauman). Una variabilità di sentimento religioso che si fa debolezza, pigrizia in ordine all’approfondimento di fede ed una continua mutevolezza di adesioni che determina una frammentarietà di esperienze incapaci di generare fondamento e motivazioni stabili. Né con le creature, né con il Creatore si è capaci di abbandonare posizioni ondivaghe e fluttuanti. Con Dio e con la vita non possono esistere impegni a tempo determinato, ma solo una sorgiva e sponsale alleanza.

Un tempo i percorsi educativi avevano un vocabolario limitato, ma inglobavano riferimenti essenziali e fondamentali con i quali si potevano considerare i traguardi e i raggiungimenti di mete che avevano il volto della maturità e della responsabilità. All’interno di questi riferimenti spicca proprio il concetto del “per sempre”, della fedeltà a quella dimensione relazionale della vita che coinvolge le persone e le loro storie, trattate sempre con chiarezza, lealtà, libertà, trasparenza e generosa dedizione in quegli impegni che determinano la gioia anche degli altri.

Sottolineare il valore della fedeltà aiuta a confrontarsi con i percorsi della vita, ma bisogna anche esplicitarne il come. Non basta dire che è essenziale, né che esprime la particolare acutezza di un pensiero intelligente e libero, di nobiltà d’animo e di attitudine al servizio generoso, ma anche la conoscenza di una reale situazione imprime l’assunzione di regole, di obiettivi che identificano ciascuno di noi con la propria vocazione, con i propri compiti, con i ruoli. Nella vita spirituale la fedeltà si identifica anche con una profonda vigilanza all’interno dell’acrobazia delle numerose suggestioni di successo, potere, denaro e, non poche volte, persino la cosiddetta modernità può diventare l’occasione di piccole e letali forme di abbandoni che non aiutano a crescere né a definire quel volto di saggezza che solo un’armonica declinazione di impegni e di valori riesce a costruire.

Per un cristiano la fedeltà diventa anche scoperta della ferialità nella quale riuscire ad incidere con un contributo di fede e di impegno che parlano di Dio e della vicinanza di Gesù Cristo. Un cristiano non confonde la fedeltà con il fondamentalismo, né scambia la fedeltà con una visione rigorista della vita cristiana. Tantomeno la presunta conquista della fedeltà ci innalza a giudici del mondo o ad assumere i toni e la sfrontatezza degli intoccabili. La fedeltà si coniuga con la libertà, parla di misericordia, di umiltà, di laboriosità e di comprensione della vita degli altri. Non sempre e non a tutti, benché accolto e condiviso il valore della fedeltà, è concesso il raggiungimento di mete spirituali prefissate. La fragilità i condizionamenti sociali culturali, economici, determinano dolorose fughe di fronte alle quali bisogna prudentemente mettersi con il sano principio del discernimento sincero e veritiero. Riferisco il pensiero di uno scrittore che ha molto contribuito al rinnovamento della chiesa: «la condizione perché una storia (di fedeltà) sia vera, autenticamente umana, (deve essere) piena di luci e di ombre che nell’unirsi compongono un quado per nulla brutto, semplicemente modesto, all’interno del quale entrano malgrado tutto, l’essenziale della bassezza nella quale l’umano sprofonda e l’essenziale dell’altezza alla quale aspira»1.

+ P. Antonio De Luca

1 J. BASTAIRE, La fedeltà, Qiqajon, p. 97.