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Vocazione, invasione di eternità

Scritto da Massimo La Corte on .

Esito a parlare di vocazione, lo facciamo in questi giorni con tutte le comunità. L’esitazione nasce dal possibile fraintendimento sulla parola e soprattutto sul legame che immediatamente si stabilisce con la fobia dei seminari ormai svuotati, del ridimensionamento numerico, l’invecchiamento del clero e di religiosi. In realtà il vero vuoto non riguarda gli spazi, ma invade l’animo umano. Qualcuno ha parlato della nostra cultura occidentale come ambiente che ormai genera uomini senza vocazione. In realtà il vuoto è sulle visioni, sui sogni, sulle grandi mete e sugli ideali per i quali invece vale la pena spendere la vita e lasciarsi continuamente modellare per scoprire una nuova modalità di esistere, che si costruisce intorno al vocabolario nuovo delle vocazioni: gratitudine, coraggio, fatica e lode; è Papa Francesco che ce lo ricorda.

È in gioco una visione di persona che, se da un lato rivendica la propria capacità di autodeterminazione con una esaltante esperienza decisionale, finisce poi per non decidere mai in termini definitivi o quanto meno duraturi, che intende la libertà come immediatezza di revocabilità di ogni scelta, e i legami ritenuti validi solo finché determinano benessere. Il baratro della solitudine e dell’isolamento è in agguato e dopo una incalzante ebrezza di occasionali e passeggeri riempitivi, si rischia il vuoto di senso, la solitudine e la depressione. La vita diventa insopportabile.

In questa triste stagione della pandemia, si sono profilate storie di esistenze spese al totale servizio per ideali e compiti sovrumani. Generosi aneliti di dedizione ai malati e il volontariato come scelta di prossimità; inoltre sono maturati sogni e legami con la storia quotidiana, che segnano inevitabilmente per sempre. La radicale svolta sull’uomo, sul mondo e sul suo destino, dipende molto «se in questo mondo, che minaccia di sparire, non risvegliamo in noi questa invasione d’eternità, di contemplazione, di accoglienza, se non creiamo queste oasi di silenzio dove la frenesia si trova sospesa, noi avremo dimenticato la nostra vocazione di uomini e di donne» (C. Singer).

Papa Francesco rivolgendosi ai giovani, paternamente li ammonisce: «Datevi al meglio della vita», ed il meglio consiste in quel misterioso ascolto della intima coerenza, a quella direzione che dà senso, all’energica risalita dopo ogni caduta, all’autentica ricerca dell’altro nel quale cogliere lo squarcio di infinito che rivela Dio e il suo amore. Solo così ci saremmo legati per sempre ad un compito, ad una vocazione che ci avrà permesso di collaborare a realizzare qualcosa che vale per sempre.

+ p. Antonio De Luca