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DPCM, la posizione della CEI

Scritto da Massimo La Corte on .

La Conferenza Episcopale Italiana commenta con una nota la decisione del governo di continuare la sospensione "Messe con popolo" all'inizio della "Fase 2".

La nota inizia ricordando le parole pronunciate dal ministro dell'Interno Luciana Lamorgese al quotidiano Avvenire nei giorni scorsi: "Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto". Parole, dice la nota, che "arrivavano dopo un'interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della Cei, il ministero e la stessa presidenza del Consiglio".

"Un'interlocuzione - prosegue la nota CEI - nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all'emergenza sanitaria. Un'interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che - nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia - la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale. Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la Cei presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della presidenza del Consiglio dei ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo".

La nota richiama quindi "alla presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico" il "dovere di distinguere tra la loro responsabilità - dare indicazioni precise di carattere sanitario - e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia".

I Vescovi italiani "non possono accettare di vedere compromesso l'esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l'impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale".

Dopo la pubblicazione della nota della CEI, la Presidenza del Consiglio ha emanato un comunicato in cui "prende atto" della posizione dei vescovi e conferma che "già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza".

 

COMUNICATO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Le parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio.

Un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale.

Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo.

Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia.

I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale.