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La Redenzione ha un significato sociale

Scritto da Massimo La Corte on .

La generatività ha una delle sue massime espressioni nell’atteggiamento del prendersi cura. L’anello di congiunzione tra il generare e il suo compimento – lasciar andare –, deve passare attraverso la fatica del prendersi cura. Questo schema dell’ordine naturale si ripropone poi anche nella logica di un’idea, di un sogno, di un progetto, ma anche nell’adempimento di una missione e di un servizio. Prendersi cura significa chinarsi con discreta attenzione, accompagnare e sostenere chi è debole e fragile, chi aspetta di essere sostenuto ed accompagnato verso mete di umana e spirituale dignità. Chi si prende cura è capace di immettere costantemente in circuiti esausti ed asfissianti nuovi germi vitali per rianimare le relazioni, gli impegni, la fedeltà e la speranza.

In questa logica generativa mi piace leggere il servizio e l’attenzione che i cristiani riservano a tutte le forme di diversità etniche, religiose, politiche, culturali, di genere e di intelligenza. La diversità è un’arricchente campo di azione e non un attacco alle identità. Non si entra nella sfida delle convergenze sovraccarichi di paure e di fantasmi. La comune ricerca della salvezza per la famiglia umana ha un nome concreto e allo stesso tempo una visione sovrumana, la Redenzione. Un principio di umanesimo solidale e trascendente, che si realizza anche nelle componenti multiculturali, nella mobilità umana, attraverso l’accoglienza, l’incontro, il dialogo, l’ascolto e il grande impegno dell’integrazione. Certamente sono in aumento i matrimoni tra persone di diverse nazionalità, aumentano alunni e studenti stranieri nelle nostre scuole, ma ancora non sono sconfitte le forme di pregiudizio e di larvato razzismo che inquinano la conoscenza tra le persone e privano ogni percorso di una solida speranza di incontro e di civile convivenza. Il mondo deve attraversare i sentieri seri e coraggiosi della pace che non è solo per “minoranze felici”, essa o è planetaria o è solo effimera illusione; come amava ripetere Paolo VI «lo sviluppo è il nuovo nome della pace».

Assetati di percorsi di redenzione e di riscatto da tutte le forme di ingiustizia, di strutture di peccato, i popoli della povertà e della fame, vittime dell’ingiustizia e delle guerre, ci interpellano smascherando allo stesso tempo le false ed ipocrite parole di alleanza e di solidarietà, che di solito restano solo confinate nei buoni propositi. I percorsi di redenzione umana, sociale, esistenziale e spirituale, sono sempre contraddistinti da coraggiosi dinieghi verso tutto ciò che è disumano, che è profitto iniquo ed ingiusto.

Il pericolo di ridurre il Vangelo ad una mera teoria filantropica o peggio a un dialettico confronto di idee, è sempre in agguato. L’ accoglienza del Magistero coraggioso e profetico di Papa Francesco fa risuonare parole e indicazioni che hanno la freschezza carismatica degli inizi della Chiesa e che sono nel cuore dell’annuncio evangelico, sono parole capaci di comporre la divisione e di indirizzare verso l’unica consapevolezza: «Confessare che Gesù ha dato il suo sangue per noi … La sua redenzione ha un significato sociale perché Dio, in Cristo, non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini» (Papa Francesco). Ogni redenzione e tutta la redenzione è sempre inchiodata ad una croce.

+ p. Antonio De Luca