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Una visione inclusiva e planetaria della famiglia umana

Scritto da Massimo La Corte on .

L’esasperata e strumentale accentuazione del concetto di identità è sempre coincisa con le forme di integralismi e di pericolose conflittualità. Ogni tipo di fondamentalismo identitario sconfina in un concetto di rivendicazione di privilegi o, se vogliamo, di indebite precedenze. E che dire poi quando l’ossessiva ricerca dell’identità genera persecuzioni ed emarginazione. La vera logica di una costruzione identitaria non erige un recinto ma piuttosto elabora orizzonti nei quali le differenze e le integrazioni non sono colte come minacce, ma piuttosto come una rinnovata possibilità di dialogo, di inclusione e di sano convincimento che solo insieme la famiglia umana può crescere e rafforzarsi. È questa la base di ogni singolare identità, chiamata oggi a difendere le differenze, a costruire ponti e a salvaguardare la casa comune, la madre terra, minacciata anch'essa da conflitti e da interessi che spesso si rifanno a insopportabili principi identitari. In più circostanze le identità etniche, religiose e culturali vengono accentuate con la difesa di simboli e di segni di appartenenza. Se questo può essere comprensibile, non altrettanto lo è l’aggressiva polemica nei confronti di chi osa lanciare coraggiosi messaggi universali di fratellanza e di vicendevole sostegno.

Si pensi nel mondo occidentale alle polemiche sul presepe o sul crocifisso, ma anche sul suono delle campane. Le scene di cristiana evocazione della natività di nostro Signore Gesù Cristo, ambientate su un barcone o con pastori chiaramente di colore olivastro, suscitano in alcuni una reazione di disturbo. Si grida alla confusione educativa, al tradimento del messaggio evangelico e della storia che contiene.

Ma non mancano poi coloro che inneggiano a una errata comprensione del concetto di laicità sempre in nome di una identità laica delle istituzioni, dello Stato e della società. Il vero concetto di laicità, contiene in sé semi di generatività rispetto alla libertà, alle differenze, alla custodia delle singole vocazioni, realtà che anche il cristianesimo sostiene e privilegia, proponendo una laicità leale, inclusiva e rispettosa. Chi invece non comprende questa accentuazione finisce per sostenere un laicismo che è foriero di ostilità, di conflitti, di rifiuto delle minoranze e poco rispettoso - questo sì! - delle differenze.

Una visione inclusiva e planetaria della famiglia umana inneggia ed esalta la fratellanza, l’accoglienza, la conoscenza reciproca, valorizza i positivi messaggi politici, religiosi, educativi che ogni gruppo umano custodisce ed evoca nelle vicende e nelle varie situazioni della vita. Esistono in tutte le culture e in ogni religione, certamente con sfumature differenti, punti comuni di incontro che vanno valorizzati: la nostalgia di Dio e della bellezza, la lotta per l’uguaglianza, la liberazione dall’oppressore, la dignità della donna e dei deboli, la sconfitta delle povertà, l’amore alla casa comune e all’ambiente.

La situazione mondiale che ancora conserva sproporzionate sacche di ingiustizia sociale e di sfruttamento di intere aree del nostro pianeta, la persistenza di conflitti religiosi ed etnici, dietro i quali spesso si nascondono interessi di dubbia natura, determinano lo scontro culturale e generazionale, alimentando un’intolleranza verso tutto ciò che è minoranza e diversità, permangono situazioni oltraggiose verso appartenenze e identità che sfociano in forme di aggressività e di rifiuto. Intere popolazioni sono violate nei diritti umani fondamentali e ciò che ci rende uguali e capaci di libertà è proprio l’umanità che ci colloca nel grande orizzonte della famiglia universale.

I particolarismi e gli ossessivi cortocircuiti nazionalisti e sovranisti appaiono intrinsecamente anacronistici, la storia è protesa naturalmente verso quel crogiolo di popoli e di culture che costituiscono il ricambio generazionale e ne determinano il futuro. La mobilita umana, la multiculturalità e l’incontro tra le razze non sono minacce ma sono nuove sfide e segni lungimiranti del futuro. Chi vuole attardarsi in miopi previsioni di benessere individuale e particolare sta ignorando il corso della vicenda umana. Non si ha il coraggio di chiamare per nome le responsabilità di molti governi e di istituzioni internazionali che ancora esitano a prospettare una soluzione globale ai grandi problemi delle migrazioni o dell’inquinamento del pianeta.

La cultura dell’incontro e la cura dell’identità propria e degli altri ci spinge a guardare l’altro non sempre e non esclusivamente in termini di minaccia o di aggressione. L’altro non è uno dal quale bisogna guardarsi e perfino respingerlo, non sono questi i presupposti di un umanesimo integrale fatto di sviluppo, di rispetto e di incontro.

+ p. Antonio De Luca