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Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito

Scritto da Massimo La Corte on .

7. «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46)

L’ultima parola di Gesù ci riporta al cospetto del Padre. Anche la prima parola di Gesù in croce è rivolta al Padre per la richiesta di perdono. In tal modo si completa un ideale percorso di annuncio, che Gesù dalla croce ci rivela attraverso le sue ultime parole. Egli è il Figlio amato del Padre, porta nella sua carne la sofferenza del mondo, impetra per noi misericordia e perdono, perciò riapre la via del paradiso. Consapevolezza e libertà accompagnano l’atto supremo del morire, come coraggio e audacia hanno caratterizzato l’esistenza del Messia. In quell’atto supremo si sovvertono i segni dello spazio e del tempo: i pesantissimi arredi del tempio sono squarciati da un violento terremoto; anche l’eclissi di sole ricopre con fitte tenebre un evento dalla portata imponente: la morte del Figlio di Dio.

La morte, benché «muraglia, dolore, ostinazione violenta» (A. M.), è sempre una sintesi di parole, gesti, memorie, evocazioni che rivendicano un riconoscimento e una gratitudine. In quella confusa congiuntura di tempo e spazio, nel buio della fine, un pagano coglie nel segno, e vede chiaro: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,39). Dobbiamo imparare a distinguere i lineamenti e la forza della presenza Divina anche quando intorno a noi infuria la tempesta, quando le tenebre si fanno impenetrabili, l’ansia sembra prevalere sulle prospettive e le paure dissolvono le visioni; c’è una inevitabile consegna alla quale non ci è consentito sottrarci, pena il nostro totale fallimento: «… nelle mani di Dio». Nelle situazioni più incompressibile e nei giorni tristi, segnati da inspiegabile sofferenza, spesso ho sentito ripeter un proverbio africano «Dio non dorme!». E’ vero.

La morte non è l’ultima parola, né recide le speranze. Non è l’ingresso nel nulla indefinito. «L'uomo è tormentato dal timore di una distruzione definitiva … aborrisce e respinge l'idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo della sua persona … Dio chiama l'uomo in una comunione con la incorruttibile vita divina. Questa vittoria l'ha conquistata il Cristo risorgendo alla vita, liberando l'uomo dalla morte mediante la sua morte» (Gaudium et Spes, 18). Marco Tarquinio, rispondendo ad una lettrice che chiede franchezza sulla morte risponde: «il fatto cristiano per eccellenza è la Risurrezione di Cristo. E quella luce, per noi, fa chiaro su ogni umano termine, sull’umano dolore e sull’umana attesa. Qui è la nostra forza, e il nostro coraggio: «Dov’è, o morte, la tua vittoria?» (cfr. 1 Cor 15, 54-57)». Tutto questo avviene sulla montagna delle tre croci, il Golgota.La Madre dell’ultimo respiro ci segue con intrepida sollecitudine.

Vi benedico

+ p. Antonio De Luca