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Ho sete

Scritto da Massimo La Corte on .

5. «Ho sete» (Gv 19,28)

Tragica e vera umanità, ma anche orizzonte di vera Divinità. Sulla croce Gesù non può non seguire fino in fondo la traiettoria di un dolore tutto umano, la sete. Nei terrificanti racconti di ragazzi e giovani migranti che dopo lunghissimo traumatico silenzio hanno avuto la forza di raccontare il viaggio della speranza, condannati a terribili e atroci detenzioni, emerge la privazione di tutto, ma colpisce l’implacabile mancanza d’acqua e la permanente arsura della sete.

«Ho sete!» un grido che scuote. Una mano pietosa allunga su di una canna la pozione di una bevanda capace di alleviare le barbarie inflitte. Gesù chiude la sua esistenza con la stessa domanda con la quale aveva iniziato il suo ministero al pozzo di Sicar «dammi da bere!». In quel grido c’è anche una rivelazione divina. Di cosa ha sete l’uomo-Dio Gesù? Non è interessato al ristabilimento della verità, benché l’ingiusta condanna è la conclusione di un irridente e fantomatico processo. Non ha sete di vendetta, né di riconoscimenti. C’è una sete teologale che consiste nel desiderio della conversione dei buoni!

L’abbandono degli schieramenti per aprirsi all’accoglienza, la cancellazione dell’intransigenza degli osservanti che si fa cattiveria. I duri e puri resistono al cambio del cuore. La giustizia dei buoni è sempre contro qualcuno, per cautelarsi dietro il rispetto di una insignificante ritualità che spinge il levita e il sacerdote ad ignorare il bisognoso. Nella sete di Gesù c’è ultima speranza di Dio: la conversione dei buoni. Quell’insaziabile sete è posta anche nel nostro cuore e nella coscienza che ci mantiene desti sui bisogni dei poveri, ai quali sentiamo, noi poveri, di dover donare prima di tutto Dio e l’acqua e il pane della vita. Un proverbio africano dice «quando un povero dona ad un altro povero il buon Dio sorride!».

L’intercessione della Vergine Maria, Donna accogliente, e la mia benedizione vi accompagnino.

+ p. Antonio De Luca