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Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?

Scritto da Massimo La Corte on .

4. «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34)

L’abbandono deliberato è sempre un crimine, voltarsi dall’altra parte è un incipiente tradimento. Gesù sperimenta il lento e graduale abbandono già con il tradimento di Giuda, ma poi nel Getsemani chiede la compagnia nella preghiera: “Vegliate e pregate» (Mt 26,36); ma «li trovò che dormivano» (Mt 26,40). E che dire dell’indicibile tradimento di Pietro, e poi il bizzarro scambio con un prigioniero famoso, rivoltoso e omicida, Barabba. L’abbandono è è lo strazio. Tradimento e abbandono i più atroci dei dolori, la solitudine induce persino a dubitare del valore di ogni gesto è il naufragio nel mare dell’inutilità. Nessuno ascolta, nessuno risponde. Tutto diventa ancora più tragico quando nell’apice dell’ultimo respiro, Gesù ha la forza di un sussulto di preghiera: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Non è rivolta: è certezza che anche per lui la preghiera con le parole dell’antico salmo (21) è celebrazione della vittoria di Israele sull’inesorabile condanna. Dio ha già decretato la glorificazione.

Il “perché?” di Gesù Cristo in croce, ha un’eco che risuona sulla terra e nei secoli, ridonda sonoro nella sofferenza, nella prova, nella malattia, nella morte. Si ripropone nelle ingiustizie della storia e di fronte all’arroganza dei prepotenti. Gli abbandonati della società, che sono diventati scarti, ripropongono con nudo realismo l’interrogativo sulle strutture di peccato, sul male che dilaga nel cuore degli uomini e nel mondo: “perché?”.

È necessario liberarci dall’assillo di una ricerca di umane risposte a interrogativi di sovrumana inquietudine. Non alimentiamo una preghiera malata, desiderosa di segni e di certezze, con la presunzione di cambiare Dio e di manometterne la volontà, che presunzione! La preghiera è una resa al bisogno di cambiamento del nostro cuore e alla certezza che Dio non abbandona nel dolore. Mi piace ricordare i versi di una poesia (A. Merini) «Il dolore… mancanza netta di orizzonti, il dolore è senza domani», ma nel dolore di Cristo è già scritta la gioia della resurrezione.

Con la certezza che la Vergine Maria lenisce la nostra solitudine, vi benedico.

+ p. Antonio De Luca