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La pazienza... virtù generativa

Scritto da Massimo La Corte on .

Gli innumerevoli disagi di questi giorni, e le pur necessarie privazioni cui siamo sottoposti (uscite, spese, incontri, sport, momenti ecclesiali), generano innegabilmente anche attimi di tristezza e di sconcerto: quando finirà? Spesso ci ripetiamo, a mo’ di conforto, che bisogna avere pazienza, che prima o poi le cose si aggiusteranno. Quando ciò accadrà, ne saremo veramente felici!

In tale visione, la virtù cristiana della pazienza è fatta coincidere con la sopportazione, la rassegnata resa a fatti dolorosi e inspiegabili, o comunque più grandi di noi. Avere pazienza coincide purtroppo con l’invito alla sottomissione. Abbiamo sperimentato quanto è faticoso reagire con carità, scevri da ira e da vendetta, di fronte alle ingiustizie e alla cultura delle fake news che crescono incredibilmente. Non mancano i banditori della pazienza che in realtà la interpretano come capitolazione della verità e sconfitta del bene, svuotandola del suo intimo significato.

La pazienza cristiana ha, in realtà, un tono maggiore e non può accompagnarsi con l’ovvio buonismo di chi sceglie il "quieta non muovere" (non agitare le cose calme). Essa assume piuttosto come percorso opposto, il "mota non quietare" (non spegnere la vivacità!). La pazienza cristiana è visione ampia, lungimiranza di attesa, consapevolezza del limite ma anche responsabilità di lavorare per un sogno. Essa è libertà da ogni forma di intolleranza integralista, è attesa in fattiva laboriosità.

Il tratto più bello della pazienza è la capacità di reagire con speranza ad ogni possibile sconfitta. Essa guarisce le ferite più profonde con una lenta opera di ricucitura di rapporti e di ricomposizione degli affetti e dei legami. La persona paziente sa che mai nulla è perduto per sempre! La pazienza cristiana è, in una parola, l’arte di ricomposizione dei frammenti.

Anche i giorni che viviamo richiedono di essere vivificati dalla pazienza, non per disinnescare gli aneliti di futuro o anestetizzare le attese. La pazienza di questi tempi si riannoda alla fede, perché è riscoperta di percorsi relazionali da tempo archiviati, rivitalizzazione di abitudini esanimi. In primo luogo la relazione con Dio. Affaccendati e insoddisfatti, siamo diventati preda della dittatura dell’istantaneo, ma senza attesa e aspirazioni non si raggiungono mete, non si potrà mai familiarizzare con il limite e la reciprocità.

Bellissimo quanto scrive, a tal proposito, Rainer Maria Rilke: «Aspettate con umiltà e con pazienza l’ora della nascita di un nuovo chiarore…, [l’albero] resiste fiducioso ai grandi venti della primavera, senza temere che l’estate possa non venire. L’estate viene. - Ma non viene che per quelli che sanno attendere… - la pazienza è tutto». Solo imparando a prendere tempo troveremo un senso tra mille paure.

Benedicendovi tutti vi saluto.

+ p. Antonio De Luca