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Prendersi cura

Scritto da Massimo La Corte on .

I tempi di crisi mettono in luce le capacità organizzative delle strutture, ma evidenziano anche i talenti delle persone e le qualità di una comunità. Le difficoltà, oltre che cifra di lettura di ogni persona, fanno emergere la forza irrefrenabile di generatività di un popolo nello sforzo di prendersi cura di chi è nel disagio, nella prova, nella malattia.

Non è vero che la professione è solo un lavoro. Troppo riduttivo. Sarebbe impossibile conciliare questa idea con quanto, in questi giorni di prolungata prova, stiamo sperimentando. In categorie quali medici, personale sanitario, forze dell’ordine, mondo della scuola… sono scattate forme di generatività che hanno valicato il limite prescritto delle prestazioni lavorative. Turni estenuanti, emozioni strazianti, congedi dalla vita in solitudine, nei quali gli stessi operatori hanno scoperto la presenza di Dio.

Qualcuno ha scritto: «la cura non è la buona azione che passa da chi la offre a chi la riceve, ma un contatto che scalda il cuore di entrambi. È un dare e un ricevere, pur nella situazione asimmetrica». Il pericolo del contagio ha determinato un necessario isolamento pastorale, ma è bello quanto un pastore ha suggerito a medici e personale sanitario: «Benedite voi chi soffre, il dolore ci unirà!».

Nell’attuale situazione, prendersi cura è inchinarsi accanto ad ogni persona, nella sacralità laica di un gesto umano, per confortare, infondere fiducia, consolare. È proprio vero che «quando riusciamo a entrare nel tempio della cura, le ore nostre e quelle degli altri si espandono, le nostre vite si allungano, la morte di tutti si allontana» (Luigino Bruni). Si spiega così la risorsa infinita di chi sta servendo il nostro popolo: le forze si espandono e si rigenerano nella intensità del dono e anche nell’amarezza di non avercela fatta.

Tra le maggiori afflizioni di questi giorni vi è la distanza e la mancata percezione di presenze care, che s’incontrano per una singolare osmosi di dare e ricevere. Tuttavia, la lontananza ha generato nuove modalità di dono e di cura. Le stiamo scoprendo e praticando tutti in tanti piccoli semi di generatività posti nel solco di queste tristi giornate. Presto o tardi germoglieranno, e sarà la bellezza di una fioritura di bene a confermare che senza il bello anche il bene svanisce!

È proprio vero che «il tempo trascorso nel prendersi cura è più lungo, denso, vivo» (Ignazio Silone). Mai come in questo tempo sentiamo l’estremo bisogno di una nuova cultura della cura, per tutti.

Vi abbraccio con paterno affetto nella preghiera.

+ p. Antonio De Luca

* La riflessione di oggi vuole essere un piccolo segno di gratitudine a quanti, Medici, Infermieri, Forze dell’Ordine, Associazioni, Volontari, si stanno prodigando e si prendono cura di noi.