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Riconoscere per riconoscersi

Scritto da Super User on .

16 settembre - XXIV Domenica del Tempo Ordinario

“Voi chi dite che io sia?”.
“Tu sei il Cristo”, disse Pietro a Gesù. (cf. Mc 8, 29)

Tante sono le esperienze che possiamo fare per conoscere Gesù, più o meno significative, in cui possiamo riconoscerne i tratti essenziali. Esperienze positive, che lasciano una traccia profonda, differenti da quelle emotive, superficiali, che preferiscono una conoscenza indiretta, senza alcun coinvolgimento. Spesso riduciamo il Signore ad una idea, argomento da salotto, pura astrazione, senza però mai entrarci in relazione. Credo che ognuno ha avuto, almeno una volta nella vita, la possibilità di incontrarlo veramente, non lasciandosi sfuggire l’occasione. Ma quante però ne abbiamo perse di occasioni, nelle quali Gesù stesso ha rivolto a noi la domanda, lasciandola cadere nel dimenticatoio o dribblandola accuratamente per non lasciarsi coinvolgere.

Il Vangelo di Marco narra il momento in cui Gesù pone la fatidica domanda a metà del suo percorso, anticipata da un giro di opinioni che i discepoli avevano sentito dalla gente, in cui vengono fuori i giudizi della gente sulla persona di Gesù di Nazareth. Alla generica domanda sulla gente Gesù rivolge a bruciapelo l’altra domanda, diretta, senza preamboli, che inchioda i discepoli alla responsabilità di parlare in prima persona, esprimendo il loro giudizio sulla persona di Gesù. Un momento cruciale della vita di Gesù e dei discepoli, che non possono continuare a stare dietro di lui perché lo ritengono uno forte, un integerrimo, capace di dare una svolta di natura politica alla terra di Israele occupata. Per cui bisogna venir fuori, Gesù stana i discepoli.

“Tu sei Cristo”! Secco, lapidario Pietro, forse più di Gesù, che in un moto interiore suggerito dal Padre, afferma la vera natura della missione di Gesù. Non uno qualunque, tu sei il Cristo. L’Atteso, l’unto, il consacrato, inviato dal Padre per l’annuncio del Vangelo della misericordia, liberando l’uomo dalle sue antiche e nuove schiavitù. Non un leader politico, seppur necessario, ma molto di più! In Gesù le promesse trovano compimento, le attese giungono alla fine ed anche se le opinioni della folla non sono per nulla trascurabili, Pietro però va ben al di la, riesce a penetrare il mistero di Gesù, riconoscendolo Cristo.

A ridosso di questo riconoscimento Gesù inserisce l’annuncio della passione: “E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere” (Mc 8, 31). La missione del messia può essere fraintesa, per questo Gesù annuncia la passione. La liberazione avverrà non con la potenza di un condottiero politico, ma con l’estremo abbassamento della sofferenza e della morte. Pietro interviene nuovamente, ma questa volta commette l’errore di credersi maestro, di poter indicare lui la strada, di poter tracciare percorsi ed ottenere il dovuto consenso anche da parte di Gesù, il quale intima a Pietro di non intralciare il suo cammino e di ritrovare il suo posto.

“Va’ dietro a me” (Mc 8, 33). Quello è il posto del discepolo, il nostro posto. Pietro pensa di essere arrivato, di aver ormai esaurito ogni novità dell’essere discepolo, ma quel suo riconoscimento sarà invece l’inizio di un modo nuovo di seguire il Maestro, che coinvolgerà tutta la sua esistenza.

Buona e santa domenica!

+ P. Antonio, Vescovo