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Stupore e meraviglia

Scritto da Super User on .

8 luglio - XIV Domenica del Tempo Ordinario

O Padre, donaci la luce dello Spirito,
perché sappiamo riconoscere la tua gloria
nell’umiliazione del tuo Figlio

Lo stupore spesso è l’inizio di un percorso positivo, che conduce l’uomo a mettere a fuoco ciò che veramente conta. L’inizio della conoscenza nasce dalla meraviglia, da ciò che possiamo vedere, ascoltare, toccare. Ma non sempre è così! Il brano evangelico di questa domenica sottolinea proprio questa dimensione dello stupore e della meraviglia che però non produce conoscenza, ma scandalo per ciò che Gesù insegna, per la sua sapienza, per i segni che compie.

L’episodio ha come sfondo Nazareth, il luogo nel quale Gesù è cresciuto ed ha vissuto. L’occasione è il giorno del culto, il sabato, nel luogo dove si celebra la fede del popolo di Israele. Nella sinagoga Gesù insegna, commenta la Parola, la rende presente, la attualizza con una sapienza mai udita che provoca lo stupore dei suoi compaesani. Potrebbe essere l’inizio di una storia nuova per gli abitanti di Nazareth, eppure si lasciano sfuggire un’occasione unica. Da questo stupore infatti non nasce la conoscenza, ma lo scandalo, restano stupiti della sua dottrina, della sua fama che ormai si spandeva a macchia d’olio. Riconoscono l’eccezionalità della persona e dell’azione e predicazione di Gesù, ma restano intrappolati dal pregiudizio, dalla conoscenza delle sue origini e della sua famiglia. Se solo avessero osato andare oltre, sarebbero arrivati a riconoscere in quel profeta il messia.

Sappiamo chi è, da dove viene, non può essere lui! Si affrettano ad incasellare Gesù nell’angusto spazio della loro visione ristretta, non sanno andare al di là del proprio naso. Inutile scommetterci! Quanto ci appartiene questo modo angusto di valutare le persone, incapaci di scoprire che Dio non si lascia imprigionare da ciò che noi riteniamo importante e decisivo. Schemi e paletti siamo bravi a crearne noi, Dio no, non ragiona secondo i criteri dell’uomo.

Dio si meraviglia, ma non si stanca. Come già accaduto a Ezechiele, inviato al popolo definito da Dio ribelle e testardo, con il cuore indurito, incapace di riconoscere la profezia. A loro Dio lo invia “sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro” (Ez 2, 5). Una distorta immagine di Dio che l’uomo si costruisce spesso diventa la sua prigione, pur vedendo e ascoltando non si riesce a riconoscere la novità introdotta dalla profezia. Meglio filtrare tutto con gli schemi stantivi del passato…

Ancora oggi abbiamo profeti, uomini e donne che indicano il primato di Dio, che non hanno nessun segno distintivo, che li si può riconoscere da come vivono, da ciò che dicono, da come lo dicono, spesso senza parole. La profezia è lo sguardo di Dio stesso e il profeta è colui che ha saputo riconoscerlo senza alterarlo. La spiritualità è il solco tracciato dal profeta, che non stanca di riportare Dio all’uomo e l’uomo a Dio.

La mancanza di fede dell’uomo non permette al Signore di operare segni e prodigi. Potrebbe farlo, ma sarebbe violenza. La lezione di domenica scorsa torna con tutto il suo carico di verità: “Figlia, la tua fede ti ha salvata” (Mc 5, 34).

Buona e santa domenica!

+ P. Antonio, Vescovo