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Tra il dire e il fare...

Scritto da Super User on .

5 Novembre - XXXI Domenica del Tempo ordinario

“Uno solo è il Padre vostro,
uno solo è il vostro maestro, il Cristo”. (Mt 23,9.10)

Spesso si intende la dimensione religiosa come un solido legame a norme e regole, in realtà il Vangelo di oggi ci propone la fede come un autentico e sincero ri-lascio di energie, libertà, alleanze e creatività.

Credere non significa legarsi, ma allearsi nella libertà con il Dio della vita. In questa prospettiva la fede non può essere esclusivamente confinata nella ricerca talvolta teoretica della verità. Neanche può esaurire la propria ricchezza con una sproporzionata accentuazione dell’etica, ciò che è buono; credere significa innanzitutto dilatare il cuore a ciò che è bello e la fonte di ogni bellezza è proprio Dio, rivelato in Cristo Gesù.

Per questo Gesù oggi, quasi stanco dell’ipocrisia di chi si ricopre di una giustizia derivante dalla legge, sferra un duro attacco i cui toni si accendono e si surriscaldano in un attimo. Un’invettiva rivolta a scribi e farisei, dai quali Gesù mette in guardia la folla che lo seguiva e i suoi discepoli. Non per semplice fatto che fossero scribi e farisei, che di per se non è un male, ma per quel loro comportamento che tenta di ingabbiare Dio che così, secondo loro, diventa prigioniero della loro osservanza esteriore che non converte il cuore e la mente e che, soprattutto, mortifica continuamente l’uomo. Gesù, infatti, non mette in discussione la loro autorità, ma biasima la loro condotta; non invita alla disubbidienza, ma mette in guardia dalla loro falsa giustizia. Gli rinfaccia l’ipocrisia con la quale trattano Dio e l’uomo.

“Dicono e non fanno” (Mt 23, 3). Distanza tra parola e vita, tra ciò che si dice e ciò che si vive. E questa è la malattia che riguarda non solo i farisei e gli scribi, ma anche i cristiani, i battezzati, coloro che oggi vivono nella comunità dei credenti. Per questo Gesù si rivolge a coloro che lo seguono, perché non cadano anch’essi nella trappola di apparire integerrimi esteriormente, mentre all’interno ci sono le più devastanti deviazioni.

Il danno che ne deriva è davvero grande! Anche in noi, nella nostra esistenza si può annidare il desiderio di una giustizia esteriore, dare cioè una rappresentazione falsa di noi stessi, procurando scandalo nella fede dei semplici che invece intendono amare Dio. È importante che il discepolo non si attacchi a forme di pratica religiosa che hanno il sapore di osservanza fredda, distaccata da Dio e dal prossimo. La Chiesa non è una dogana, ammonisce Papa Francesco. Non bisogna essere “cristiani che alzano continuamente il cartello “proibito il passaggio”, né considerare questo spazio di “mia proprietà”.

Andare all’essenziale, rinnovarsi e coinvolgersi sono le indicazioni che il Santo Padre Francesco ha dato alla Chiesa del nostro tempo. E costituiscono l’unico antidoto per incarnare una fede vera, adulta e matura che sappia rinnovarsi ogni giorno nella gioia del Vangelo.

Buona e santa domenica!

+ P. Antonio, Vescovo