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La Pasqua anticipata

Scritto da Massimo La Corte on .

12 marzo - II Domenica di Quaresima

“O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio,
nutri la nostra fede con la tua parola…” (dalla Liturgia)

Ogni anno la quaresima risponde al bisogno di ritrovare sé stessi. È il tempo favorevole per la conversione del cuore. Anche se può sembrare un progetto irrealizzabile e difficile, il credente deve a tutti i costi compiere questo cammino interiore che riporta a Dio. E il Vangelo di questa domenica indica la modalità: Ascoltatelo! È l’ascolto, infatti, che rigenera la fede, ridona speranza, apre il cuore alla carità. È l’ascolto delle parole di Gesù che rende possibile ciò che umanamente sembra irrealizzabile.

Il rischio che si corre è di far coincidere noi stessi con le cose che facciamo, o con quello che siamo in grado di realizzare, con quello che ci viene chiesto di fare. Noi non siamo tutto ciò, siamo molto di più, specialmente agli occhi di Dio abbiamo un valore in più, una possibilità in più. Dio ci insegue, sogna per noi una vita piena, una vita buona, realizzata. Ci insegue, ma non ci opprime, non obbliga ad ascoltarlo, non vìola luoghi che non siamo disposti a concedere. E allora a Dio non resta che attendere…

Ascoltare è il segreto della conversione. È imparare a vedere tutto nella prospettiva di Dio. È fare nostri i sentimenti del Figlio. Per questo Gesù conduce i discepoli sull’alto monte (in verità il Tabor è poco più di una collina) perché imparassero che alla gloria della resurrezione si arriva solo dopo aver superato la prova dilaniante della croce. Questo brano evangelico si trova, infatti, poco dopo che Gesù ha annunciato per la prima volta “ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno” (Mt 16, 21).

Essi restano storditi da queste parole, Pietro lo rimprovera e cerca di farlo desistere, Gesù reagisce intimando a Pietro di stare al suo posto, di non permettersi di sostituirsi alla volontà del Padre. In questo contesto di inquietudine si inserisce la narrazione della trasfigurazione, in aiuto alla debole capacità dei discepoli di sopportare lo scandalo inaudito della passione e della morte del Maestro. Essi vedono per un istante ciò che Gesù è nella sua essenza. A loro è permesso di entrare nel mistero del Signore, di restare abbagliati dalla luce divina che lo inabita, cadono dai loro occhi i filtri troppo umani per comprendere che a quella gloria si arriva solo dopo il rifiuto, il dolore, la sofferenza, la morte.

Ricco di significato il contesto nel quale si svolge questa rivelazione: anzitutto la montagna, luogo della vicinanza con Dio, il luogo nel quale Dio si rivela. Una sosta che rinfranca, lontano dagli affanni quotidiani, dall’agitazione che spesso prende il sopravvento. In quel luogo per ritrovare sé stessi ed incontrare Dio. Mosè ed Elia che si intrattengono a dialogare con Gesù, la Legge e i Profeti che indicano in Gesù la pienezza della rivelazione. La nube che avvolge, ma soprattutto la voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo” (Mt 17, 5). Questo è il punto centrale: il discepolo si forma nell’ascolto della Parola e nella sequela che ne scaturisce.

Pietro non coglie in quell’istante il messaggio, tutto sarà più chiaro dopo la Pasqua. Accade anche a noi, siamo in attesa della Pasqua che getta un fascio di luce sulle nostre esistenze.

Buona e santa Domenica.

+ p. Antonio, Vescovo.