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Il posto d'onore

Scritto da Massimo La Corte on .

26 febbraio - VIII Domenica del Tempo ordinario

“Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia
e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta" (Mt 6,33).

Il Vangelo di questa domenica costituisce l’ultima parte del grande discorso della montagna in cui convergono alcune parole di Gesù dalle quali possiamo, con facilità, definire in che cosa consiste essere cristiani. Anzitutto l’urgenza di capire che è impossibile servire due padroni, impossibile stare con due piedi in una scarpa, che il primato di Dio è spesso messo in pericolo dalla tentazione di volgere la mente e il cuore verso altri lidi, affascinanti, incantevoli, splendidi. Questa tentazione è sempre in agguato!

Gesù non ha difficoltà ad identificare chi siano questi padroni: Dio e il denaro, mammona che si può identificare con l’accumulo smisurato di danaro, riponendo in esso tutta la nostra fiducia, il nostro avvenire, le nostre sicurezze. Un anti-dio che prepotentemente vuole prendere il posto di Dio a tutti i costi. Gesù rivela l’antitesi esistente tra Dio e mammona, l’impossibilità che i due si tengano insieme nella vita dell’uomo. In tutto il Vangelo solo in questo caso Gesù è netto, delineando un confine oltre il quale si scade nell’idolatria. Nemico di Dio è la ricchezza nella quale si pone la propria fiducia, dalla quale si pretende di ottenere la giustificazione, grazie alla quale possiamo trarre Dio dalla nostra parte.

Dio o le ricchezze! Siamo davanti ad un bivio. L’uno o l’altro. Gesù mette in guardia dalla facile seduzione di far convivere le due realtà. Un rapporto sbagliato con le cose rischia di mettere in pericolo la fede. Non si tratta qui di coloro che si impegnano per rendere la vita meno dura con il sano lavoro, con quell’atteggiamento previdente che permette una vita più o meno tranquilla, che traggono dal lavoro remunerato anche una sana forma di controllo su se stessi. L’ansia del domani, l’affanno per accumulare quanto più si può, l’insano attaccamento a ciò che si ha, mette in pericolo la permanenza di Dio nel cuore dell’uomo.

Gesù ci invita all’impegno, al lavoro, alla realizzazione del bene, mentre scoraggia l’atteggiamento insensato di conferire ai beni materiali un valore assoluto, quasi che dipenda da essi la salvezza dell’uomo. Non preoccupatevi ripete Gesù per ben sei volte in pochi versetti. Il motivo per cui il discepolo del Regno non deve cadere nella preoccupazione nell’affanno per il futuro risiede in una semplice, ma straordinaria certezza: il Padre, Dio, ti ama! E chi ama è disposto a tutto. Chi ama non fa mancare nulla alla persona amata, si prende cura di essa.

L’affanno per il domani delinea fondamentalmente una profonda mancanza di fede. Corriamo il rischio di essere intrappolati da una visione solo orizzontale, che mortifica ogni sana aspirazione di pienezza. Si è sempre più in preda alle preoccupazioni, alle insoddisfazioni, alla mancanza di prospettiva, sempre troppo spesso arrabbiati, delusi, scontenti. Abbiamo bisogno di recuperare ciò che conta!

Il Regno di Dio e la sua giustizia ecco ciò che conta. Non siamo orfani, abbiamo Qualcuno che veglia su di noi, sempre. E a Lui non interessa quanto siamo bravi, ricchi, forti, potenti… secondo le parole di Pietro: «Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi» (1Pt 5, 6-7).

Buona e santa Domenica.

+ p. Antonio, Vescovo.