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Discepoli del regno

Scritto da Massimo La Corte on .

17 Settembre - XXV Domenica del Tempo Ordinario

“Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi,
perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”. (cfr 2 Cor 8,9)

Come ogni domenica il Vangelo che si proclama nelle nostre comunità suscita un movimento di vitalità che deve portare alla riflessione. Solo così il Vangelo raggiunge il suo scopo di ispirare la vita del discepolo di Gesù.

La parola di Gesù oggi ci inchioda: “Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti”. Queste parole non lasciano spazio ad alcuna interpretazione, anzi mettono noi cristiani davanti alle nostre responsabilità. Nella ricerca di ciò che conta il discepolo del Regno deve agire con solerzia e diligenza. Ha proprio ragione Gesù: la fedeltà si vede nelle piccole cose!

La figura dell’amministratore emerge dal racconto del Vangelo in tutta la sua tragicità. È stato scoperto, non può negare di aver gestito con disinvoltura i beni del padrone. Il suo destino è segnato, il padrone ha deciso di licenziarlo, non senza aver prima reso conto del suo lavoro. Per questo egli decide di crearsi gli amici con la disonesta ricchezza, con ciò che non è suo, comprende che l’unica carta che gli rimane è quella di instaurare trattative con i debitori del suo padrone. Con prontezza e furbizia egli agisce per trovare accoglienza dopo il suo allontanamento.

Se così ragiona il fattore astuto e come lui i figli delle tenebre per accaparrarsi una manciata di beni materiali, quanto più i figli della luce, i discepoli del Regno, devono impegnarsi per ottenere beni che vanno ben al di là dell’orizzonte materiale? Perché non ci rendiamo conto che per ottenere la vita vera dobbiamo avere la stessa prontezza e “furbizia” dell’uomo della parabola? Ci preoccupiamo per ciò che passa, senza impegnarci per “le cose del Padre”, che ama rivelarle ai piccoli, a coloro che non mettono la fiducia nelle ricchezze, ma solamente in Dio e nelle sue promesse.

Troppo spesso abbiamo ridotto la fede ad un apparato esteriore, senza anima, un groviglio di leggi, norme, decreti che, svuotati della carità, sono armi a doppio taglio. Come singoli e comunità abbiamo il dovere di recuperare la gioia del Vangelo, la forza dell’accoglienza, spalancare le porte alla speranza, alimentare il dono di grazia della fede. Quello che veramente conta.

Buona e santa domenica!

+ p. Antonio, Vescovo.