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La fede che salva

Scritto da Massimo La Corte on .

28 Giugno 2015 - XIII Domenica del Tempo Ordinario


“Io ti dico, alzati!”, disse il Signore.
E subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare. (Mc 5,41-42)

“Vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva…
Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. (Mc 5,23.34)

Il Vangelo di questa domenica narra l’incontro di Gesù con il mondo della sofferenza e l’atteggiamento che il Signore assume davanti al dolore umano.

Nel caso della donna che aveva continue emorragie, Gesù non interviene direttamente, ma la guarigione avviene grazie alla potenza che la sua persona promana. In mezzo alla folla che si accalca attorno a Gesù c’è questa donna malata, segnata anche da una separazione rituale, religiosa, non può entrare nella sinagoga e tutto ciò che tocca diventa automaticamente impuro. Dopo aver toccato la veste di Gesù guarisce, ma certamente non si aspetta che Gesù interpelli la folla perché venga fuori la persona che lo ha toccato. Gesù non vuole che questa guarigione venga intesa come un atto magico, alla sola apparenza religiosa, ma vuole mettere in luce la fede della donna, che riceve anche una guarigione interiore. La fede della donna le restituisce salvezza e guarigione, non è solo guarita, ma anche salvata: “Figlia la tua fede ti ha salvato; va in pace e sii guarita dal tuo male”.

Il tema della fede attraversa anche tutto il racconto della rianimazione della figlia di Giairo: “Non temere, continua solo ad aver fede”, è la raccomandazione che Gesù fa al padre della piccola. Fede nella potenza di Gesù che libera, salva, reintegra la persona nei suoi affetti, nella sua dignità. La fede nel Signore, nella sua potenza che è in grado di sciogliere anche i legami apparentemente definitivi della morte. “La bambina non è morta, ma dorme”, è l’affermazione di Gesù: per chi crede la morte non è una situazione definitiva, il vero discepolo impara dal Maestro che la morte è un sonno che, riempito di speranza, apre la strada ad una vita senza fine.

La donna ammalata e la figlia di Giairo sono l’immagine dell’uomo, prigioniero spesso di una sofferenza assurda e mortificante, ma che riesce a scorgere nel Signore la sua unica salvezza. Attraverso la fede noi “tocchiamo” Gesù e siamo da lui presi per mano; tuttavia non possiamo trasformare la fede in un fenomeno eclatante, chiassoso… c’è bisogno di silenzio e contemplazione, tanto che Gesù raccomanda che nessuno ancora sappia, perché solo dopo che egli stesso sarà sceso nel sonno della morte e si sarà risvegliato al mattino di Pasqua, tutta la sua opera possa essere compresa senza fraintendimenti.

+ P. Antonio De Luca
Vescovo di Teggiano-Policastro